Domenica, 08 Gennaio 2023 07:12

Giornalisti e… giornalisti In evidenza

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Siccome non sono mai stato uno che si è pianto addosso, in questo articolo, fin da queste prime righe, dirò la mia idea che so già farà arrabbiare molti lettori: per me il giornalismo italiano è ottimo.

Di Francesco Graziano Bologna, 8 gennaio 2023 - Ci sono i giornalisti bravi e quelli meno bravi e come in ogni professione si incontrano persone virtuose e persone viziose, oltre che, ma questa è una mia aggiunta, presuntuose. Quella biforcazione tra vizio e virtù sottolineata una volta da Umberto Eco, durante la cerimonia del Sigillo d’oro ricevuto da parte dell’Alma Mater dove si è svolta quasi tutta la sua carriera di insigne accademico, può tranquillamente essere traslata al mondo dell’informazione cartacea e on line.  

Alcuni giornalisti sono talmente viziosi che figurano persino nell’albo d’oro del “Premiolino” e ciò non mi sorprende; i Giornalisti grandi ricevono i premi grandi, quelli piccolini si beccano “ i premiolini” (per carità è una BATTUTA, non prendetevela, il “Premiolino” è un premio prestigioso e beato chi può metterlo nel curriculum; solo a sentire i nomi dei fondatori tremano le gambe…per cui viva il Premiolino e chi lo vince).

Ora che, almeno si spera, il rischio querela (un difetto di molti cronisti è il comportarsi come bimbi viziati anche dopo aver superato la fatidica soglia dei quarant’anni, li critichi e si mettono a piangere) è stato evitato andiamo al cuore del problema.

Una piaga grossa come una casa, una delle tante a dire il vero, che affligge questa nave “senza nocchiero” che è l’Italia è la criminalità organizzata.

L’anno scorso, come i lettori ben informati sanno, è avvenuto il ricordo del trentennale delle stragi di mafia e le librerie sono state prese d’assalto da opere che hanno sviscerato in modo più o meno corretto ( questo spetta ad ognuno di noi deciderlo in base alla propria cultura e sensibilità, ricordate ‘vecchi’ cronisti: dopo che scrivete un libro, c’è qualcuno che esce di casa e spende dei soldi e del tempo per leggere le vostre pagine e alla fine ha tutto il diritto di dire e scrivere: “quest’opera fa schifo”; siamo d’accordo l’aggettivo (s)qualificativo non è elegante ma non costituisce reato pensarlo o vergarlo su un giornale di qualsiasi formato esso sia).

 Ho sempre pensato che chi esercita le professioni cosiddette importanti, parlo di medici, avvocati, professori e appunto giornalisti, ed è fissato con la competizione tanto da metterlo come primo argomento di discussione quando ci si conosce ( parlo per esperienza professionale) soffra oltre che di problemi di autostima, di mancanza di affetto; in altre parole: fa poco sesso. Altrimenti non si spiegherebbe in altro modo quella coazione a ripetere del “giochetto infantile “ vediamo chi ce l’ha più lungo”. Credo che basterebbe fare molto semplicemente il proprio lavoro rispettando le regole, ciò significa andando in ordine sparso: niente lavoro nero, pagare anche se poco un giovane che vuole apprendere delle tecniche professionali per entrare in un mondo lavorativo sempre più precario con un cv imbattibile e tanto altro ancora.

Perdonate la breve digressione, avete ragione lo so, non siamo in un racconto di Borges o Calvino, per cui ritorniamo all’origine, al tema principale citato ad inizio del pezzo.

Credo fortemente che questa categoria, sulle cui spalle grava il compito di raccontare il nostro Paese e il mondo intero, abbia perso in credibilità e vada divisa tra giornalisti in strictu sensu e giornalisti in latu sensu…alcuni stanno talmente di lato, con le sciocchezze che scrivono e i comportamenti perseguibili penalmente che adottano, che già li vedi lì pronti a cadere.

Non è così, sono loro in realtà che comandano perché fanno talmente comodo che qualcuno che li salverà per portarli su qualsiasi canale televisivo ci sarà sempre.

Da palermitano anche io l’anno scorso ho letto molti articoli sull’argomento e qualche libro su banditi ancora in circolazione. Se siete curiosi, nell’archivio della polizia trovate tutto.

Con una certa eccitazione ho comprato il libro di un giornalista che lavora nel Sud Italia, una pubblicazione riguardante uno dei pochi banditi rimasti ancora in circolazione per rendermi conto se la sicumera con cui questo signore ogni volta si propone durante le presentazioni fosse giustificata o meno.

Una chicca, Antonio Rossi (nome dell’autore fittizio; su youtube durante un’intervista pronuncia la seguente frase: “ sembra che chi abbia la scorta possegga la laurea di antimafioso ad honorem quando sulla mafia può dire sonore minchiate”…sentite il profumo di Oxford?) Quando il sottoscritto lavorava in una precedente testata scrisse un articolo su questo ometto adoperando lo stesso linguaggio e rischiò la querela. Ora fatevi due calcoli per capire come stiamo messi. Se ti mandano in una busta due proiettili ( Antonio Rossi racconta sempre quest’episodio che gli è successo con, per fortuna non tutta, il codazzo della stampa isolana pronta a issarlo su un piedistallo), pensi di essere libero di dire pubblicamente che gli altri sparano “ minchiate” mentre tu dici sempre la verità; regalo una notizia, nel passato alcuni giudici ‘eroi’ che avevano la scorta sono stati fatti fuori e sono stati tanti. Ci mancherebbe altro, siamo felici che ad “Antonio” non sia successo niente, meglio renderla pubblica quest’idea altrimenti sai che insulti da parte dei leoni da tastiera.

Ad ogni modo mi metto a leggere avidamente questa perla di… chiamiamola inchiesta? Massì anche se, parere dello scrivente, è riduttivo il termine. Però nelle intenzioni di chi ha riversato più di cento pagine di inchiostro nero come l’argomento trattato c’era l’intenzione di rivelare qualcosa di “inedito”   rubiamo pure questo sostantivo che farebbe rivoltare nelle tombe chi ha indagato veramente e alla fine ha pagato.

Naturalmente non posso rivelare il titolo ma secondo la regola dell’ipse dixit di liceale memoria, nelle pagine lette vengono citati documenti “inediti” senza mettere le note a piè di pagina; ma come scusa? Mi stai rivelando qualcosa che – secondo te – è stato sempre trascurato e volutamente nascosto e non mi dici nemmeno in quale archivio hai pescato questo pezzo di carta che dovrebbe sconvolgere e chiarire le idee su quello che è successo nello Stivale negli ultimi drammatici trent’anni?

Inutile spendere soldi, le uniche fonti citate le troverete alla fine e sono tutte note. Le ho contate talmente sono poche: 24 libri. L’ultimo titolo citato non vale perché l’autore cita sé stesso e la sua opera come un Petrarca due punto zero convinto di trovare qualcuno che lo leggerà tanto da “ parlargli” direttamente. Gli altri 24 libri sono tutte opere edite da case editrici e scritte da giornalisti bravi anzi bravissimi, sicuramente più bravi di Antonio Rossi.

Peccato che il suo libro ha venduto così poco che credo venga difficilmente ristampato, qualora ciò avvenisse per carità, mi rivolgo direttamente a te: correggi quelle min…no basta niente parolacce…come si dice… quel refuso, quell’errore da matita rosso sangue; Falcone non è morto nel maggio 93 ma un anno prima, infatti come ben sai o tu insigne studioso del problema su cui hai costruito la carriera oliando a dovere la catena delle pubbliche relazioni si parla di stragi del ’92. CAPITO? Non del ’93 ma del ’92.

Qualora vi doveste chiedere perché ho deciso di stendere questo articolo ricordatevi che su questo giornale abbiamo ricordato uno di quei statisti che purtroppo non ci sono più: Piersanti Mattarella.

Ucciso il 6 gennaio del 1980, non- come scriverebbe Antonio Rossi- del 1981.

Una buona giornata a tutti.