Martedì, 14 Gennaio 2020 16:15

E chi è il mio prossimo? In evidenza

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Di Guido Zaccarelli Mirandola 14 gennaio 2020 - Nell’ambio della rassegna d’incontri organizzata dalla locale sezione Avis di Mirandola dal titolo” “Incontri” di Avis Mirandola, si è tenuto sabato 11 gennaio 2020, presso l’auditorium Rita Levi Montalcini, l’atteso incontro con S.E. Mons. don Erio Castellucci che è riuscito ancora una volta ad attrarre con la “parola” l’attenzione di una vasta platea di persone che hanno accolto con un profondo abbraccio il valore e il senso profondo del tema della giornata, incontro con il prossimo attraverso una lettura dal Vangelo secondo Luca (10,25-37): “Chi è il mio prossimo”? «il prossimo è colui che riesce a smuovere i nostri sentimenti, è qualcosa che avvertiamo dentro di noi e come una urgenza alla quale non possiamo sottrarci dal metterci in cammino verso l’altro per fare uscire il buono che è in noi. È il preciso istante dove affiora la reciprocità.

È la stessa situazione che avverte la madre in attesa del figlio e di quando sta per nascere: donare se stessi agli altri attraverso il gesto della gratuità». La parabola del samaritano fa da sfondo al tema della giornata che viene dipinto attraverso il condurre la mente ad immaginare il contesto e il luogo in cui si svolgono i fatti: «proviamo a pensare oggi all'ambientazione di allora dove un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico camminando su un sentiero scosceso che congiungeva Gerusalemme, che si trova a circa 800 metri sul livello del mare rispetto a Gerico che si colloca invece a circa 300 metri sotto il livello del mare. Un sentiero piuttosto ardito che vedeva spesso la presenza di predoni che si portavano ai lati del sentiero e assalivano quelli che normalmente venivano giù da Gerusalemme». Un esempio di come la strada che sale e scende sia la metafora che accompagna ogni istante del tempo della nostra vita, «un cammino fatto a volte di sofferenza che non ci permette di vedere al luce del sole, pieno di rischi e di pericoli dove viviamo momenti di apprensione e di profonda sofferenza (sotto il livello del mare) come innanzi ai predoni e altre circostanze dove il sole abbaglia per la luce che è in grado di emettere e il calore che è in grado di infondere».

Momenti nei quali non dobbiamo dimenticare di agire sempre verso l’altro andando oltre la parola che s’addensa di significati solo se accompagnata dalla volontà di fare uscire il bene e il buono che è in noi. S.E. don Erio Castellucci avanza nel Suo cammino di profonda meditazione sul prossimo coinvolgendo il pubblico con una parabola che «vede l’atteggiamento di Dio commuoversi quando il figlio minore di uno dei due figli torna a casa e il padre commosso che gli corre incontro. In quel preciso istante si dice che Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione perché erano come pecore senza Pastore. C'era un funerale di un ragazzo figlio unico di una vedova e Gesù ne ebbe compassione». Ecco la compassione è un fare che commuove e smuove il buono che è in noi. Passione, motivazione ed emozione hanno la stessa radice, toccano il nostro dentro e quando ciò accade ecco che l’uomo si protende in avanti verso l’altro. L’amore è il prossimo nel quale l’uomo o la donna vivono la reciprocità.

Nuovamente, chi è il mio prossimo? «è il ferito che mi rende attivo, come nel raccontare una esperienza vissuta da sacerdote di un ragazzino che non veniva ascoltato». Chi sono allora i giovani? « ai miei tempi i giovani erano coloro che vivevano un periodo della loro vita prima di diventare uomini. Oggi anche a 60 anni si è giovani. È cambiata la prospettiva della vita e di come le parole cambiano e assumono connotazioni differenti in base ai contesti e ai tempi in cui vengono pronunziante». Chi è il mio prossimo? «è colui che ha avuto compassione che smuove la sensibilità per l'altro». Quante persone, nel quotidiano, attivano atteggiamenti senza neanche saperlo, rivolti alla propria famiglia, verso i colleghi, il donare il sangue, sono momenti dove ci facciamo toccare dalla situazione dell'altro, dove andiamo incontro se c'è una ferita e cerchiamo di capire che cos'è, dove mettiamo del nostro. Il samaritano diventa buono solo alla fine della parabola, perché Luca lo cita solo alla fine, quando dona il buono che è in lui all’altro. Donarsi all’altro richiede energie tempo e denaro (risorse), tre componenti che se le mettiamo a disposizione del prossimo ritornano più ricche di prima. Ecco chi è il mio prossimo: è colui a cui si dà senza avere dentro di sé l’aspettativa del ricevere: un dare senza perdere e un prendere senza togliere.

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