Martedì, 27 Agosto 2019 08:19

La Sicurezza non può attendere. In evidenza

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Nei primi anni Novanta ha inizio la privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, a cui fa séguito (biennio 1997/98) l’introduzione della possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile, aprendo così la strada al precariato all’interno di essa.


Lo scenario, insomma, che si andava delineando, non faceva presagire nulla di buono, e le conseguenze nefaste di tali indirizzi legislativi si sono fatti sentire negativamente, con tutto il loro devastante vigore, sulla Polizia Locale italiana.
“Privatizzarla” o, meglio, farla passare da un regime di diritto pubblico ad uno privato, non ha giovato alla categoria. Così come, del resto, prevede il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al secondo comma, indicante la disciplina del “codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa”. Sarebbe sufficiente far slittare il personale della Polizia Locale al comma successivo, al fianco delle Forze di Polizia di Stato: è questa, adesso, la madre di tutte le battaglie. Ugl Autonomie Locali la sosterrà, essendo consapevole della sua importanza, con effetti al pari di una rivoluzione copernicana. Gli ostacoli che segnano sfavorevolmente la categoria sarebbero spazzati via in un sol colpo. I dipendenti pubblici “non privatizzati”, ossia coloro che ricadono nel terzo comma del Testo unico sul pubblico impiego non sono, infatti, investiti dalla revisione della spesa pubblica (la famosa spending review) e/o da politiche economiche di bilancio restrittive (si direbbe austerity). Non solo. La Polizia Locale, già frantumata in più di ottomila comuni, stante i suoi compiti sempre più complessi ed essenziali per il quieto svolgersi della vita della comunità, sarebbe così risparmiata da qualunque tipo di taglio, onere e/o vincolo di carattere privatistico, incompatibile con l’importante funzione pubblica svolta ed il conseguente interesse pubblico perseguito.


Al contrario, ci si imbatte sovente nella gogna mediatica, dove l’intera categoria viene sbeffeggiata, attribuendole colpe non sue. In tutti questi anni, purtroppo, l’aziendalizzazione della Polizia Locale ha provocato ingenti danni come, ad esempio, il disconoscimento di diritti pubblici; la performance, quest’ultima caratterizzata anche da obiettivi economici; il mancato riconoscimento delle tutele lavorative e pensionistiche delle altre Forze di Polizia; il pagamento di qualsivoglia onere, considerando gli agenti di Polizia Locale al pari di privati cittadini. Dimenticando che gli stessi operatori tutelano la loro sicurezza, rappresentano il primo presidio e baluardo di legalità, nei piccoli e nei grandi Comuni.


Resta evidente, in ultima analisi, la necessità di un reale e radicale superamento della legge quadro sull’ordinamento della Polizia Locale, la n.65 del 1986, un mantra per gli operatori della categoria: come si può intendere, il vulnus è esclusivamente normativo. Sono certo che per gli inesperti che si dilettano a criticare ed argomentare sulle capacità operative della Polizia Locale e sulla sicurezza in generale, vi sono interessanti ed utili suggerimenti di approfondimento.

La Sicurezza, credo, non può attendere ulteriormente: che si svincoli la spesa per la polizia locale dalla legge di bilancio e dal patto di stabilità. La crescita dell’ordine e della sicurezza pubblica passa anche attraverso la valorizzazione della Polizia Locale.
Parma, 26.08.2019

Matteo Impagnatiello, commissario regionale Ugl Autonomie Locali

(Foto di repertorio di Francesca Bocchia)