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Mercoledì, 10 Ottobre 2018 17:29

Delitto di San Donnino, preso l’assassino In evidenza

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Si tratta di Raffaele Esposito, 34 anni, residente a Savignano sul Panaro, di professione cuoco. È indagato anche per altri due casi di violenza e aggressione ad altre due donne, una a Zocca e una a Savignano. Incastrato dalle telecamere, dai tabulati telefonici, dal gps montato sull’auto della figliastra e, soprattutto, da un frammento di libro bruciato, con nome e cognome della figliastra, rinvenuto sul luogo del delitto.

 

MODENA –

Ha un nome e un volto l’assassino di Vasilica Nicoleta Neata, la giovane prostituta rumena di 31 anni uccisa e data alle fiamme, il cui corpo è stato rinvenuto lo scorso 10 settembre a San Donnino, nel parcheggio adiacente il Percorso Natura del fiume Panaro. Si tratta di Raffaele Esposito, 34 anni, cuoco in un agriturismo, da qualche anno residente a Savignano, dove conviveva con una donna del luogo e le figlie di lei. 

L’uomo è stato arrestato e si trova ora in carcere con le accuse di omicidio, stupro e aggressione. Le indagini complesse ma serrate, hanno consentito di risalire al colpevole, che non aveva precedenti penali, grazie al lavoro congiunto di Carabinieri e Magistratura.

Nel suo passato recente emergono altri due gravi reati: una violenza sessuale ai danni di una 28 enne di Zocca, aggredita dall’uomo in un garage lo scorso 24 agosto, appena tre giorni prima del delitto della giovane rumena, e il tentativo di aggressione, forse finalizzato al rapimento, di una diciottenne di Savignano, lo scorso 2 settembre.

Nel primo caso, la vittima ha denunciato la violenza da parte di un uomo di corporatura robusta e dal volto semicoperto, poi riconosciuto Esposito da un confronto fotografico. Nel caso della ragazza di Savignano, invece, a riprendere la scena dell’aggressione e il volto dell’uomo sono state le immagini di una telecamera. La vittima ha raccontato di essere stata seguita e strattonata da un uomo robusto con un batufolo di cotone in mano e di avere notato nelle vicinanze un’auto con il baule aperto.

Proprio il dettaglio dell’auto è stato uno dei cardini delle indagini che hanno portato all’arresto del cuoco. Il mezzo sarebbe, infatti, stato inquadrato dalle telecamere nei luoghi dove si sono consumati tutti e tre reati e sarebbe stato utilizzato anche per trasportare il cadavere della lucciola, soffocata e finita a bastonate, dal luogo della morte a quello del ritrovamento. 

Ma c’è un altro particolare che ha portato a stringere il cerchio attorno al colpevole, forse la “prova maestra”, che ha portato gli investigatori sulla pista giusta. Nel dare alle fiamme il cadavere della sua vittima, l’assassino ha utilizzato per appiccare il fuoco un manuale scolastico che, in una parte non andata bruciata, riportava il nome e il cognome di una delle figliastre, ora maggiorenne, risultata poi proprietaria dell’auto utilizzata dall’uomo per compiere i reati a lui imputati. Non solo: sull’auto era stato installato un Gps dall’assicurazione, che ha consentito agli inquirenti di ricostruire ogni suo movimento. 

Infine, a “incastrarlo” sono stati anche i tabulati telefonici, che hanno confermato i contatti tra l’assassino e la vittima, identificata grazie a un chiodo endomidollare che le era stato impiantato nel 2013 a Vicenza, in seguito a un incidente stradale, tra il 29 e il 30 agosto, data presunta dell’omicidio.

Per ora, Raffaele Esposito ha confessato la violenza sessuale ai danni della ventottenne di Zocca, ma ha negato la sua responsabilità nell’assassinio della giovane rumena.

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