Venerdì, 23 Febbraio 2018 10:44

Operazione "ALFA 31". Lotta allo spaccio In evidenza

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L'indagine oggetto degli odierni provvedimenti cautelari si inquadra in complessa manovra investigativa da tempo avviata dal Comando Provinciale di Bologna, sotto l'egida della locale Procura della Repubblica, finalizzata a contrastare il fenomeno del traffico e spaccio di stupefacenti condotto nell'ambito del Capoluogo, con particolare riferimento ad alcune precise aree della città.

Bologna 22 febbraio 2018 - In tale quadro, particolare attenzione viene infatti da tempo rivolta, in particolare, a zone estremamente sensibili al fenomeno, quali quelle attorno alla "MONTAGNOLA", "PIAZZA VERDI" e, più specificatamente, ruotanti attorno al polo universitario.

Il tutto è stato poi in epoca ancor più recente ulteriormente perfezionato grazie all'istituto del "MINI DASPO" ad opera della locale Prefettura. Trattasi di un'Ordinanza emessa dal Prefetto, Matteo PIANTEDOSI, tesa a vietare lo stazionamento nel giardino pubblico a tutti coloro i quali risultano essere già stati arrestati o denunciati nell'ambito dei controlli delle forze dell'ordine nell'area verde del centro storico. In tale quadro i soggetti colti in flagranza vengono dapprima allontanati e successivamente, laddove colti in violazione della medesima Ordinanza, deferiti per inosservanza del provvedimento.

Tale misura, che ha visto una sua immediata ed efficace applicazione da parte delle Forze di Polizia, ha prodotto immediatamente i suoi positivi effetti, contribuendo ad una sensibile diminuzione delle "presenze criminali" in determinate aree del centro (la sola Compagnia Carabinieri Bologna Centro ne notificava oltre 30).

E' qui che si è concentrato lo sforzo delle Istituzioni complessivamente intese, concretizzatosi attraverso lo sviluppo di articolata attività di contrasto, su doppio binario. Giova infatti premettere come sia stato, in primis, adeguatamente sviluppato il segmento prevenzione, attraverso l'avvio e progressiva implementazione di servizi mirati dei reparti territoriali, supportati da unità specializzate dell'organizzazione mobile, quali CIO e SOS.

A quanto sopra si è affiancata un'approfondita analisi del fenomeno "spaccio" in città, condotto dal Comando Provinciale dei Carabinieri, il che ha contribuito a circoscrivere ancora meglio l'area delle operazioni, al di là delle citate note zone del centro cittadino. All'interno di queste è stato infatti possibile individuare con precisione ancora maggiore alcune vie di particolare interesse, fasce orarie di commissione dei delitti ed in ultimo, certamente non per importanza, nazionalità/matrice etnica dei soggetti protagonisti, in modo da calibrare gli interventi più opportuni e mettere in cantiere la strategia di contrasto più efficace.

Tale altra direttrice ha quindi visto un suo sviluppo su più livelli, ovvero tanto attraverso una immediata attività cd. "di piazza", tesa ad infrenare il fenomeno dello spaccio al dettaglio con interventi diretti in flagranza di reato, quanto con l'impostazione di indagini a medio e lungo termine, aventi quali obiettivo quello di risalire il fenomeno giungendo all'individuazione e disarticolazione di componenti più o meno strutturate, dotate di rilevanti direttrici di approvvigionamento, ed a loro volta gerenti le articolate filiere di spacciatori loro agganciate.

Il contrasto nella sua forma più immediata, che ha visto coinvolte le strutture territoriali dell'Arma fino alle minori unità, ha fatto registrare un trend positivo, laddove nel corso degli ultimi 12 mesi, a fronte di un numero di reati interessanti il fenomeno stupefacenti pressoché immutato - a livello cittadino complessivamente inteso - è stato registrato un 28% in più di soggetti colpiti, tra arrestati, circa 270, e deferiti/segnalati alle Autorità competenti, circa 80.

Al contempo, come accennato, è stata accuratamente pianificata e messa in campo anche strategia più complessa, incentrata sull'avvio di attività investigative ad ampio spettro, tali da aggredire il fenomeno in maniera ancor più efficace e complessiva: determinante in tale ambito la sinergia con l'Autorità Giudiziaria bolognese, rappresentata dal dott. Giuseppe AMATO, che ha coordinato le indagini in questione, consentendo altresì che le stesse vedessero nei giusti tempi gli attesi esiti, attraverso l'emissione dei vari provvedimenti ritenuti opportuni.

Tra le attività investigative avviate anche quella oggetto delle odierne misure cautelari, che ha documentato l'operatività di associazione di matrice tunisina, dedita a traffico di eroina e cocaina, avente base operativa proprio nel centro cittadino. L'attività in oggetto riveste importanza particolare non soltanto proprio perché la prima in grado di aggredire il fenomeno sotto un profilo associativo, ma anche e soprattutto per l'operatività del sodalizio stesso in un'area sinora caratterizzata da fenomeni diffusi e mai valutati nella loro complessità.

Proprio nella centralissima via Centotrecento - tra piazza Verdi, via Irnerio e la "Montagnola" - veniva infatti localizzato il principale appartamento, intestato a terzi, utilizzato dai sodali per preparare lo stupefacente che sarebbe poi stato ceduto al dettaglio nelle zone limitrofe.

Appartamento costituente dunque vera e propria base operativa, laddove luogo adiacente alle privilegiate "piazze di spaccio", oltre che di incontro tra il capo e gli affiliati, ove il primo dettava decisioni e strategie e, non ultimo, luogo di ricovero per gli spacciatori stessi in occasione di problemi sopravvenuti quali improvvisi blitz da parte delle Forze di Polizia.

In particolare il gruppo criminale emergeva essere capeggiato da soggetto maghrebino inteso "ABDELTIF" o "LATIF", identificato in SOLTANI Latif, vero organizzatore e gestore della struttura, in diretto contatto con i fornitori in relazione ai significativi quantitativi di stupefacenti trattati e passati, in prima battuta, al suo diretto referente "HAMZA". Questi emergeva infatti avere funzioni di intermediario tanto verso l'alto (SOLTANI) quanto verso la nutrita schiera di pusher alle dirette dipendenze; in tale ambito si avvaleva del suo "braccio destro", JENDOUBI Ahmed, inteso "AHMED".

Le attività tecniche condotte in direzione dei succitati consentivano quindi di individuare non soltanto diversi canali di approvvigionamento, tra i quali quello rappresentato "NAPPA", rifornente la struttura mediante frequenti contatti con HAMZA o, per lui, con JENDOUBI, ma anche tutto il reticolo di soggetti da loro direttamente dipendenti, tra i quali BEJA Aziz, inteso "REDOUANE", e BENFALEH Hamza.

 

BEJA_AZIZ_-_MAROCCO_classe_1985.jpg BEN_FALEH_HAMZA_-_TUNISIA_classe_1987.jpg JENDOUBI_AHMED_-_TUNISIA_classe_1983.jpg

Era in tale fase che - anche grazie a mirati servizi dinamici condotti in direzione dei vertici - che veniva localizzata la succitata base operativa dell'associazione, individuata nella citata Via Centotrecento presso l'abitazione in uso a G.R., detto "ROBY", ed alla sua compagna Z.N., detta "Cinzia", entrambi in frequente contattato telefonico con i diversi membri dell'associazione.

La successiva progressione investigativa consentiva di individuare anche il secondo appartamento nella disponibilità dei succitati, ovvero quello ubicato in Via Dei Gandolfi ed anagraficamente riconducibile ad una famiglia di ecuadoregni, sostanzialmente deputato al primo occultamento e taglio dello stupefacente. Lo stesso risultava abitato in via pressoché esclusiva da BEJA Aziz, incaricato di ricevere la droga che, con ausilio degli altri affiliati preparava e nascondeva poi all'esterno dell'abitazione, in mezzo al verde pubblico.

Lo stesso veniva tuttavia tratto in arresto per altri motivi, per cui il gruppo si vedeva costretto a spostare nuovamente il "laboratorio", che per un certo periodo veniva trasferito direttamente presso l'abitazione del capo, SOLTANI, in via Mazzini. Le funzioni del BEJA venivano quindi assorbite in toto dal BENFALEH, che curava quindi tanto i rapporti con il capo quanto con tutti i pusher lui legati. Era proprio con il SOLTANI che quest'ultimo - secondo consolidato modus operandi - in seguito ad ogni "taglio" provvedeva personalmente all'occultamento all'esterno dell'eroina che poi sarebbe stata passata agli altri affiliati per lo smistamento sulla piazza. A riscontro di quanto sopra, il sequestro effettuato dagli operanti il 28 aprile 2015, nei pressi di via Albertoni, di 26 palle di eroina, che il BENFALEH aveva poco prima occultato sotto alcune siepi, in attesa che venissero recuperate da altro sodale per le successive cessioni.

Il complesso delle acquisizioni raccolte in corso d'opera, tra i sequestri e gli oltre 1700 contatti complessivamente registrati tra i componenti l'associazione, consentiva di quantificare la sostanza immessa sul marcato, e segnatamente nell'area compresa tra la "Montagnola", piazza Verdi e le adiacenti via Irnerio e via Zamboni, pari a circa 1,8 kg mensili, con tutti i connessi introiti.

In tale quadro venivano altresì individuati altri punti fissi di spaccio che il sodalizio risultava utilizzare soprattutto in concomitanza dell'eccessiva pressione esercitata dall'Arma nelle zone di precipuo appannaggio: emergevano quindi via San Vitale, via Petroni, alcuni punti di Massarenti e di via Mazzini.
In maniera pressoché analoga veniva condotta l'attività di spaccio di cocaina, che vedeva HAMADE Nabil, inteso "Nappa", quale primo responsabile del canale di approvvigionamento.

Le intercettazioni condotte in direzione del medesimo consentivano di documentare compiutamente quantitativi e prezzi, laddove la sostanza - in perfetta linea con i prezzi di mercato - veniva ceduta all'acquirente finale a 60 euro al grammo.

L'HAMADE vedeva quale primo referente il capo dell'associazione, il SOLTANI, e spesso direttamente il JENDOUBI (curando il BENFALEH il complesso delle attività con particolare riferimento all'eroina). JENDOUBI Ahmed veniva coadiuvato nella sua attività illecita anche dalla compagna F.A.M. la quale, prestava la propria opera occupandosi della fissazione degli appuntamenti con i clienti ed assistendo anche alle successive cessioni di stupefacente. La donna coinvolgeva nell'attività illecita anche il fratello F.O., minorenne all'epoca dei fatti, utilizzandolo, in qualche occasione, per effettuare consegne di cocaina.

Nel corso delle indagini veniva intercettato anche JEBALI Anis, inteso "Aklash" o "Kaka", in quanto subentrato nell'utilizzo di una delle utenze di JENDOUBI Ahmed già monitorate. Sin da subito appariva chiara la sua partecipazione all'associazione anche se portava avanti la rivendita di eroina quasi esclusivamente nel parco pubblico ubicato tra via Mondo e via Della Torretta, oppure nei pressi della COOP di via Della Repubblica.

L'attività d'indagine portava a riscontrare non soltanto la ricorrenza di un gruppo stabilmente organizzato per portare avanti un'intensa attività di rivendita al minuto di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina, ma anche e soprattutto ad accertare la sussistenza di una stabile cerchia di clienti.
Per questo motivo, al termine delle attività tecniche, si procedeva ad identificare compiutamente proprio questi ultimi, per assumere da loro informazioni circa le ragioni, le quantità, la frequenza e le modalità degli acquisti di stupefacente effettuati. Dall'esito delle dichiarazioni rese a s.i.t. dagli acquirenti, oltre alle conferme circa i numerosi acquisti di eroina e/o cocaina effettuati nel corso del tempo, alcuni di essi, i più assidui, si dimostravano a conoscenza anche di alcune dinamiche interne ed organizzative dell'associazione.

L'attività d'indagine in analisi ha messo in evidenza, in maniera del tutto originale per il contesto felsineo, la sussistenza di un sodalizio criminale insistente su una circoscritta e ben definita area geografica cittadina, dedito allo smercio organizzato al dettaglio di sostanze stupefacenti di varia natura, nello specifico cocaina ed eroina bianca.

Lo studio delle dinamiche e dei rapporti tra gli associati di origine maghrebina ed altri loro connazionali, ha evidenziato la presenza su tutto il territorio felsineo di più fazioni, criminalmente organizzate e non; territorio di cui la consorteria di cui trattasi è emerso controllare in maniera assolutamente determinata, al punto di non escludere l'idea al ricorso a metodi estremi come l'uso delle armi o della violenza fisica, la porzione compresa tra la zona universitaria, centro storico fino alle zone immediatamente esterne alle mura.

 

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Immagini:
1. Foto conferenza stampa – Comando Provinciale Carabinieri Bologna. Nella foto, da sinistra, Capitano Marco Fragassi, Comandante della Compagnia Carabinieri Bologna Centro, Colonnello Valerio Giardina, Comandante del Comando Provinciale Carabinieri di Bologna e Tenente Colonnello Marco Francesco Centola, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri di Bologna;
2. Foto soggetti – Sezione Investigazioni Scientifiche Carabinieri Bologna;
3. Frame arresti – Nucleo Operativo Carabinieri Bologna Centro.