Giovedì, 14 Gennaio 2021 11:26

I giovani del lockdown: dimenticati prima, accusati dopo. In evidenza

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Di Lorenzo Bertolazzi Parma 14 gennaio 2021 - Delle tante categorie finite nel gigantesco dimenticatoio che ha prodotto questa crisi di coronavirus ce n'è una, alla quale chi scrive appartiene, di cui si è parlato molto raramente negli spazi di tg e giornali. Addirittura, nelle poche volte in cui qualcuno ha trattato questo argomento, è stato fatto per cercare un colpevole o un responsabile del rialzo dei contagi.

Come si potrà già intuire, quella a cui mi riferisco è la categoria dei giovani, colpiti in modo devastante da un anno di lockdown, accusati di tutto durante l'estate e le cui istanze sono ormai ignorate dagli addetti ai lavori.

Chi mi conosce sa che ho osservato alcuni aspetti controversi della mia generazione, tuttavia non posso rimanere in silenzio da quando è bersagliata da due tendenze francamente intollerabili: l'indifferenza e la colpevolizzazione.

Alla luce degli ultimi fatti di cronaca nella mia Parma (teatro di maxi-risse a cielo aperto in una delle sue piazze più belle e significative) ho ritenuto opportuno lanciare un appello per una maggior consapevolezza della situazione attuale, provocata da un completo disinteresse delle istituzioni e deficitaria sotto tutti i punti di vista: non si può certo giustificare o contestualizzare la violenza che 50 ragazzi hanno manifestato nella giornata di sabato scorso, bisogna però sforzarsi di capire la ragioni e le cause che stanno dietro a questi episodi drammatici, insomma essere empatici nei confronti dei nostri giovani.

È innegabile che rivoluzionare le giornate degli adolescenti comporti, nel lungo periodo, un costo sociale molto alto. Ogni ragazzo vive una situazione diversa ma con ciò non è impossibile individuare dei denominatori comuni, la cui privazione ormai perpetua ha portato i giovani ad una vera e propria esasperazione: sport di squadra (quelli più influenti sulle relazioni sociali), attività artistico-culturali di gruppo, passeggiate e ritrovi serali con gli amici, uscite al bar, a ristorante e potrei andare avanti ancora.

Oltre a questo completo disinteresse per la sostanziale cancellazione di tutti questi punti di incontro, una volta dati per scontati, non si può certo tacere anche l'aspetto, citato in precedenza, della colpevolizzazione che, permettetemi, vede governo e media tra i principali responsabili.

Se già dalle prime riaperture di maggio è scattata un'enorme campagna mediatica per fare le pulci ai comportamenti dei giovani che si recavano a bere un aperitivo si può immaginare cosa abbia provocato la scorsa estate, tra discoteche e località balneari assaltate da persone (ragazzi e non) a cui non sembrava vero, finalmente, di poter vivere un poco di normalità dopo tre mesi di lockdown generalizzato che almeno aveva prodotto (ci mancherebbe altro) un sostanziale azzeramento dei contagi. 

A ottobre, con l'inizio della seconda ondata, schiere di virologi e rappresentanti dell'esecutivo hanno nuovamente invaso i talk show per accanirsi contro i giovani che nei mesi scorsi erano andati a ballare in discoteca. In modo surreale, il governo ha anche tentato di mettere in piedi un giochino (parzialmente riuscito) secondo il quale la vertiginosa crescita dei casi di positività al virus fosse dovuta al comportamento irresponsabile tenuto dai ragazzi durante l'estate. I meno disonesti avevano però capito che l'obiettivo di questo "puntare il dito" era distogliere lo sguardo dell'opinione pubblica dai disastri veri causati dall'immobilità governativa su trasporti, riapertura scuole, terapie intensive e assunzioni.

Con grande sincerità, anche il sottoscritto ha trascorso le sue serate in discoteca (più precisamente in Versilia dal momento che, focalizzati esclusivamente sulla Sardegna, veniva ignorata la sua esistenza al pari della riviera romagnola...), abbassando notevolmente la guardia e pagandone poi il prezzo ad inizio settembre, con i casi che aumentavano tra gli amici più stretti e con essi anche la paura di aver messo in potenziale pericolo le persone a me più care e soprattutto più fragili di fronte al virus. Insomma, le regole sono state palesemente infrante durante giugno, luglio e agosto.

Considerato tutto questo, però, il governo (o chi per esso) non si doveva e non si deve permettere di accusare i ragazzi per il loro comportamento irresponsabile, quando la vera irresponsabilità è stata la sua, per non essere stato in grado di combinare nulla a prevenzione di una seconda ondata non certo imprevista.

Dalla fine dell'estate assistiamo ogni giorno alle requisitorie nei confronti di chi va nei bar, nelle palestre o a cena da amici mentre andrebbe ribaltata la prospettiva, interrogarsi sulle reali responsabilità dell'esecutivo, il quale, invece che nascondersi dopo non essere stato pronto su niente, sta continuando a lanciare accuse ai ragazzi "indisciplinati".

Sbaglia dunque chi sottovaluta la noncuranza verso i giovani, l'averli considerati come untori di massa o chi riduce l'accaduto di pochi giorni fa a Parma ad un mero fatto di cronaca perché la maxi-rissa di sabato scorso può sembrare solo un episodio singolo in un grande paese come il nostro ma in realtà nasce da un problema socio-culturale profondo, diffuso anche prima della crisi ma portato agli estremi dal lockdown: se a questa attuale condizione giovanile, che annulla quasi del tutto le occasioni di svago e distrazione (nel senso positivo del termine), si aggiunge la frustrazione di sentirsi additati dai più come irrispettosi delle regole e, in alcuni casi, una mancanza di educazione, civiltà e valori il risultato è quello che hanno avuto sotto gli occhi i parmigiani pochi giorni fa.

Lo sport, le attività ludico-culturali e i piccoli ritrovi con gli amici a casa sono un argine per prevenire episodi come quello succitato, occasioni per arricchirsi, per crescere da persone più rispettose e fonti di educazione. Bisogna fare i conti con ciò al più presto, cambiare strategia e organizzare una riapertura cauta ma tempestiva che permetta, tra le altre cose, anche ai ragazzi di ritornare gradualmente ad una sana vita sociale in tutte le sue forme. 

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