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Francia: Protesta del "Gilet Gialli": distrutti oltre la metà dei 3275 autovelox in tutto il Paese. La disperazione e la lotta contro il possibile inasprimento di tasse e sanzioni si abbatte sulle apparecchiature elettroniche di rilevazione delle infrazioni. Forse solo in Francia si è preso coscienza che siano solo strumenti per far cassa?

Dal 17 novembre, primo giorno della mobilitazione dei "gilet gialli", oltre la metà dei 3.275 autovelox automatici in Francia sono stati messi fuori servizio.

Una vera e propria ecatombe di apparecchiature elettroniche per la rilevazione delle infrazioni: coperti, rotti, vandalizzati o comunque resi inutilizzabili, i radar, così vengono comunemente chiamati oltralpe, non hanno davvero un bell'aspetto dal 17 novembre, coinciso con l'inizio del movimento dei cosiddetti "gilet gialli".

Se il Ministero dell'Interno si rifiuta di fornire le cifre per "evitare un'eccedenza", il sito Radars-auto.com  garantisce che il 65% delle telecamere fisse per il controllo della velocità siano state interessate. Nel paese, i numeri parlano da soli, anche se non possono essere esaurienti: la situazione cambia da un giorno all'altro, a volte da un minuto all'altro. In pratica una vera e propria epidemia della protesta nella protesta.

I dati seguenti sono stati registrati dal quotidiano "La Dépêche du Midi", diffuso nella regione Midi-Pirenei e nei dipartimenti di Aude e Alta Garonna. Mentre nessuna cifra ufficiale comunicata dalle prefetture. Nel Tarn, 23 radar su 33 sono fuori servizio. Quasi il 67% dei dispositivi. Nel Tarn-et-Garonne: 25 radar non funzionano sul 34 che conta il dipartimento. Nell'Aveyron, 13 dei 19 radar sono etichettati o coperti oggi. Non è molto meglio in Ariège: 8 radar sono stati danneggiati in 11. Cinque dei radar degradati sono stati anche dati alle fiamme la stessa notte da mercoledì a giovedì. Gli Hautes-Pyrénées non sono esclusi: 10 dei 13 radar sono stati vandalizzati. Su 12 radar, 3 sono ora fuori servizio nel Lot ma tutti sono stati danneggiati. La situazione è eccezionale nel Gers. Lì, 21 radar su 22 erano fuori servizio il 13 dicembre. Da allora, quelli di Isle-Jourdain, Gimont e Jegun sono stati rilasciati e riavviati. La prefettura di Gers n ' non desiderava comunicare sul danno di questi degradi, ma si può già garantire che la perdita di profitto sia colossale. Il radar di L'Isle-Jourdain, il dipartimento più "redditizio", ad esempio ha lampeggiato quasi 30.000 volte nel 2017. Per trovare i colpevoli di questo danneggiamento di massa, la polizia ha dispiegato i mezzi principali: videosorveglianza, sondaggi, campioni di DNA ... Alla fine di novembre, il Tribunale penale di Tolosa ha condannato tre gilet gialli che avevano incendiato i radar automatici a Saint-Jory, Haute-Garonne e Pompignan, nel Tarn-et-Garonne, tra i tre mesi di prigione e le 105 ore di servizio alla comunità. Lo stato, quindi dovrà mettersi le "mani in tasca" per sopperire alle conseguenze di quella che per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", al netto della censurabilità delle modalità, costituisce anche una presa di coscienza di massa sulla reale funzione di queste macchinette infernali e sulla loro utilizzazione a fini di cassa per gli enti accertatori. Basti pensare che solo per riparare un vetro rotto si spende 500 euro e ci vuole circa una settimana per cambiarlo. Circa 75.000 euro per una postazione distrutta e un mese per sostituirla, oltre al necessario lavoro di ingegneria civile.

Ed anche se le sanzioni per il danneggiamento di questi beni pubblici siano severe con pene che possono arrivare fino a sette anni di carcere e multe di 100.000 euro, pare che non abbiano scoraggiato i centinaia, forse migliaia di cittadini, che hanno così voluto esprimere il loro dissenso di fronte a questa che appare essere una fonte indiretta di tassazione che contribuisce ad esasperare il clima già teso in Francia, sul possibile inasprimento dei carichi fiscali. In tal senso, sembra assurdo che in Italia dove il peso delle tasse, imposte e balzelli è anche superiore, nessuna protesta pubblica sia ancora scoppiata nel corso degli ultimi anni. Ma i francesi, si sa, sono i francesi. Evidentemente.

(22 dicembre 2018)

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Una politica ambientale da ripensare e soprattutto da non accettare a occhi chiusi. Gli interessi di pochi dietro alla guerra del Diesel e della Benzina.

di Lamberto Colla giovedi 6 dicembre 2018 - E' notizia di queste ore che il Governo stia predisponendo gli incentivi e i disincentivi per le auto. Siamo alle solite!

A entrare nel mirino di Palazzo Chigi questa volta sarebbero tutte le vetture nuove alimentate a benzina e a gasolio.

La solita scusa ambientale, per la quale in questi giorni in Emilia Romagna è stato introdotto il divieto di circolazione anche per gli euro 4 (un'eresia!), ma che invece nasconde un più grande problema industriale tutto in carico ai petrolieri e alla guerra tra paesi produttori che oggi è persino riuscita a minare la coesione OPEC con il risultato che il QUATAR se ne è uscito, senza una motivazione tecnica plausibile ma solo di facciata.

Il QATAR è il più grande produttore di Gas e (LNG Gas Naturale Liquefatto) vuole incrementare le produzioni dei suoi derivati chimici, mentre è il più piccolo produttore di greggio (solo il 2%) dell'OPEC. Questa la giustificazione pubblica, ma la verità sta nel contrasto con l'Arabia Saudita (stretto partner di USA), posto che non sarebbe in contrasto la produzione di Gas con l'adesione all'OPEC.

Gli scenari mondiali legati al petrolio sono fortemente mutati da quando gli USA hanno inventato un nuovo modo di estrazione facendo uso del "fracking", una sequenza di micro-esplosioni controllate sotterranee seguite da immissione d'acqua a altissima pressione che scioglierebbe il petrolio dalle rocce.

Una tecnologia che ha consentito agli Stati Uniti di diventare un Paese autosufficiente nella produzione e addirittura forte esportatore di greggio.

E' per questo motivo, che negli ultimi 7-8 anni, il prezzo del petrolio è crollato di 2/3 e ora è al 50% del prezzo del 2011 (arrivato in california a 140$/bar). Da oltre 120$ al Barile il Petrolio WTI crollò a 40 per poi risalire intorno ai 50$/barile attuali.

Un prezzo che genera margine operativo alle imprese statunitensi ma non a quelle Venezuelane (sarebbe il maggiore produttore mondiale) e medio orientali e comunque valido per tutti gli altri estrattori con tecnologie convenzionali.

Ma questo ha portato a un problema di non poco conto.
Infatti, il petrolio estratto con le nuove tecnologie, essendo un prodotto leggero, non sarebbe indicato per la produzione di gasolio da autotrazione e perciò, è calata la direttiva, da molto in alto, di spostare il gasolio solo sulla autotrazione commerciale sacrificando l'uso privato.

Ancora una volta la "favola ambientale" è stata ben raccontata per fare passare indolore provvedimenti e cambi di strategia industriale che vanno a giovamento dei soliti pochi e potenti e ricchissimi, e a scapito soliti tanti pecoroni, deboli e sempre più poveri.

I Gilet Gialli francesi hanno fatto fare marcia indietro a "Macaron", il presidente duro fuori e tenerone dentro, ma sarebbe auspicabile che la protesta si espandesse un po' in tutti Paesi, con qualche miglioramento in termini di violenza e danni che invece servono solo a spaventare quelli che vorrebbero insorgere e protestare civilmente ma ostinatamente.

In conclusione, caro il nostro bel Governo, ripensate anche alla politica ambientale e soprattutto, date ascolto alla scienza che ha certificato che l'inquinamento della auto elettriche nel loro totale ciclo di vita (quindi smaltimento delle batterie compreso), essere pari alle auto euro 4.

Quindi di cosa stiamo parlando?
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Video campo petrolifero California: https://youtu.be/JYOmf1HxJmQ

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Il petrolio WTI è crollato del 30% ma alla pompa resta alto. L'estate scorsa tutte le tariffe energetiche e non, sono state ritoccate per effetto del caro petrolio, mentre oggi nessuno pensa di ribassare i prezzi. Le commissioni di vigilanza e i movimenti dei consumatori dove sono?

di Lamberto Colla Parma, 15 novembre 2018 - A ottobre il WTI sfiorava gli 80 $/barile, ieri ha toccato quota 56$/bar (vedi grafico).
Un crollo di cui nessuno ancora parla. I soliti commentatori invece, quelli che di economia e finanza ne sanno, è tutta estate che ci propinano le giustificazioni circa il rincaro delle tariffe e dei prezzi dei carburanti alla pompa a causa del caro petrolio. Gli ultimi articoli al riguardo sono di un mese fa: "Rincari prezzo del petrolio e bollette: stangata di 8,1 miliardi di euro per le famiglie italiane" titolava Investire Oggi il 14 ottobre scorso.

E le accise sono ancora lì, nel computo del prezzo dei carburanti, appena prima della voce IVA 22% che, ricordiamo in modo totalmente anticostituzionale, determina una infelice tassazione di un cumulo ottuagenario di accise, moltiplicando all'inverosimile i benefici delle sempre vuote casse statali.

Dove sono le commissioni di vigilanza sui prezzi? Dove sono i vari Movimenti e Associazioni dei Consumatori?

Dobbiamo continuamente credere che il rincaro dei prezzi alla pompa sia dovuto ai costi industriali e non tanto al prezzo del greggio? allora perché l'adeguamento al rialzo è costantemente e tempestivamente adeguato al rialzo mentre le riduzioni non seguono altrettanti principi?.

Perché, così facendo, su di tre gradini e giù di uno, alla fine l'incremento dei margini industriali è più che proporzionale. La nostra memoria invece lavora sul breve periodo e fa i confronti con gli ultimi prezzi registrati e non con le dinamiche di medio e lungo periodo che darebbero risultati ben diversi.

Così ci siamo trovati il mese scorso a sfiorare i 2 euro il carburante (in autostrada) con 80€/bar il WTI e poco meno oggi che siamo a 55€/bar.

Se tanto mi dà tanto, il prezzo navigherà verso il basso ancora per un po' attorno ai 50$, che è una soglia remunerativa per gli USA, che da quando adottano la tecnica del fracking (estrazione del petrolio dalle rocce con microcariche esplosive) sono diventati autosufficienti e esportatori, mentre non lo è per i paesi del Golfo, del Venezuela e tutti gli altri Paesi che adottano principi estrattivi tradizionali e molto più costosi. Un modo quindi per far valere le ragioni USA all'interno dell'OPEC e forse per "convincere" i più ostinati a agire contro l'Iran.

Politiche internazionali  di cui si avvantaggeranno sempre i soliti industriali, estraendo euro dalle tasche degli italiani e lasciando all'asciutto i benzinai, costretti ormai a fare letteralmente i salti mortali nelle loro stazioni di servizio (dall'organizzazioni di feste e happy hour a mega autolavaggi, officine, bar e ristoranti).

Ormai non crediamo più alle favole delle accise che verranno alienate, però, cari ministri, fate in modo che chi deve vigilare lo faccia e che le ammende vadano a favorire l'adeguamento delle strade e autostrade. Almeno risparmieremo in treni di gomme... e soprattutto in VITE umane!

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leggi anche:
http://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/12192-equitalia,-dalla-parte-del-cittadino-o-no.html 

http://www.gazzettadellemilia.it/economia/item/8221-dal-2015-diminuiscono-le-bollette-ma-e-record-di-rincari-dal-2010.html 

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di Mario Vacca Parma 16 luglio 2018 - La procedura prevista dalla legge n. 3/2012 ovvero "composizione della crisi da sovraindebitamento" attribuisce al debitore non fallibile (persone fisiche, aziende agricole, piccoli imprenditori) la facoltà di proporre ai creditori un piano di ristrutturazione del debito che ha tra i requisiti la dignitosa sussistenza della famiglia del debitore.

Il sovraindebitamento viene definito come la difficile condizione di coloro che non riescono a ripagare i propri debiti con le disponibilità economiche proprie.
Attraverso la procedura è possibile sospendere le azioni esecutive, stralciare i debiti chirografari, dilazionare il pagamento dell'iva.

In una recente pronuncia il Tribunale di Monza ha permesso ad una imprenditrice di ridurre il debito con l'Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia).

L'omologa dell'accordo del 25 maggio 2018 prevede la riduzione del 73% del debito maturato, circostanza permessa dalla legge al contribuente che è meritevole di poter pagare secondo le proprie possibilità.

L'accordo è stato garantito dal papà della debitrice e da un'associazione anti usura.

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Lunedì, 12 Marzo 2018 09:23

Il fisco deve riscuotere entro cinque anni

La Corte di Cassazione, con l'importante e condivisibile ordinanza n. 1997 depositata in cancelleria il 26 gennaio 2018, ha confermato il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c..

Questo importante principio si applica con riguardo a tutti gli atti, in ogni modo denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.

Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (Sez. Unite, sentenza n. 23397 del 17/11/2016).

Nel caso in esame, non vi è stato alcun accertamento giudiziale definitivo tra la notifica della cartella di pagamento e la relativa iscrizione a ruolo, avvenuta in data 23 novembre 1999, per crediti del 1996, e l'avviso di mora notificato il 18 marzo 2009 e oggetto del ricorso, con la conseguenza che è stato giustamente e correttamente ritenuto totalmente prescritto il diritto, azionato ben oltre i termini di prescrizione quinquennale per esso previsto.

L'importante ordinanza è diffusa dallo "Sportello dei Diritti" "Sportello dei diritti", presieduto da Giovanni D'Agata e dall'Avvocato tributarista Maurizio Villani.

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Confesercenti esprime la propria soddisfazione per l'approvazione in Consiglio Comunale delle nuove tariffe rifiuti; un risultato che premia il lavoro svolto nell'interesse delle imprese di San Secondo, iniziato dall'estate scorsa, grazie alla mobilitazione dei commercianti, abbiamo avviato un serrato confronto con l'Amministrazione Comunale che ha permesso alla fine di riportare sotto controllo la Tariffa rifiuti, avviando nel contempo un processo di riduzione che per bar e ristoranti, supera il 40%, se consideriamo che era previsto anche quest'anno un aumento di 20 punti.

Ringraziamenti anche i tecnici di Iren che sono stati fondamentali nell' individuare e applicare le modalità tariffarie attuali. "Tuttavia, in particolare per il settore alimentare e la ristorazione – evidenzia Stefano Cantoni di Confesercenti - la tariffa rimane più che doppia rispetto a tutti i Comuni limitrofi e dell'intera Provincia, penalizzando fortemente le aziende locali, motivo per cui continueremo il nostro lavoro di monitoraggio e assistenza alle imprese affinchè si raggiunga finalmente una vera equità tributaria".

 

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Domenica, 25 Febbraio 2018 09:31

Verità o fake? verità, verità!

Ossessionati dalle bufale ormai rischiamo di non credere più alle verità, comprese quelle che ci toccheranno il portafoglio.

di Lamberto Colla Parma 25 febbraio 2018 -

A esaltare il timore di essere incappati nell'ennesima bufala è la praticamente assenza della notizia dalle pagine dei TG nazionali, non come la notizia del costo delle bustine della frutta e verdura che occupò, senza diritto, le prime pagine e le aperture dei TG per giorni e giorni.

Le bollette elettriche saranno più pesanti per far fronte alle morosità di alcuni operatori.
Saranno perciò gli utenti finali a coprire i buchi degli incauti imprenditori che si gettarono nella mischia del "trading dell'energia", come ad esempio GALA (proprietà del Presidente di Assindustria del Lazio), appunto una delle società fallite.

Sembrerebbe quindi che il sistema dei distributori di energia si ritrovi con un buco nei conti, proprio per i mancati pagamenti degli oneri di rete e di sistema, di almeno 400 milioni.

È qui che arriva la delibera del 1 febbraio 2018 con cui l'Autorità per l'energia stabilisce di ripartire sui consumatori i circa 200 milioni di oneri di sistema che mancano all'appello.

Così, la bolletta si appesantisce di un'altra quota nel già pesante conto che va sotto la voce oneri di sistema che, secondo l'ANSA, influisce per circa il 19% sull'intero importo.

Ma cosa sono gli oneri di sistema?

Secondo Arera la quota più consistente tra gli oneri di sistema è rappresentata dalla componente A3: si tratta di un onere che va a finanziare gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate. La componente A2 invece "è destinata alla copertura dei costi per lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse (Latina, Caorso, Trino Vercellese, Garigliano)".
Ma, come spiega la stessa Autorità per l'Energia, "secondo quanto previsto dalle leggi finanziarie 2005 e 2006, una parte del gettito della componente A2, pari a circa 100 milioni l'anno, viene destinato al bilancio dello Stato".

Insomma, come nel prezzo della carburante abbiamo le accise, sul costo energetico abbiamo gli oneri di sistema (le voci A2-A5, As, Ae, Uc4, Uc7 e Mct) che, guarda caso, in buona parte vanno a finanziare il bilancio dello Stato.

Dal 1° gennaio 2018 tutte queste componenti sono state riunite in due sole voci, come spiega Arera sul proprio sito: gli oneri generali relativi al sostegno delle energie da fonti rinnovabili e alla cogenerazione (Asos) e i rimanenti oneri generali (Arim).

Ebbene, con la delibera numero 50 dello scorso 1° febbraio di Arera, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ha stabilito che il buco creato dagli evasori dovrà essere ripianato dai contribuenti (scarica pdf).

Nessuna Bufala, quindi, ma solo una cruda realtà, che molti hanno dimenticato di promuovere e divulgare, mentre altri furono molto attivi, sopratutto sui social media, a etichettare la notizia come bufala.

Ben diverso invece fu il trattamento riservato alla fake news , questa volta spacciata come vera,  del pesante maggior onere (2 cent) destinato alla busta dell'otrofrutta con la quale aprirono i TG per giorni e giorni.

Strano Paese, il nostro!
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Appendice:

- Sul caro Bolletta era già intervenuto il CODACONS lo scorso anno:

http://www.zoom24.it/2017/04/14/bollette-energetiche-insorge-codacons-la-spesa-viene-triplicata-47076/ 

- Le altre voci degli oneri di sistema:

Un'altra voce degli oneri di sistema viene destinata alle agevolazioni per la fornitura di energia elettrica al sistema ferroviario. La componente A5 finanzia "la ricerca svolta nell'interesse del sistema elettrico nazionale". Un'altra componente degli oneri di sistema viene destinata a finanziare il bonus elettrico (desinato ai consumatori in stato di particolare disagio economico), la componente Ae viene destinata alle agevolazioni alle imprese manifatturiere con elevati consumi. La componente UC4 serve per coprire i maggiori costi di piccole aziende elettriche che operano sulle isole minori delle aziende elettriche con meno di 5mila clienti. La componente MCT, invece, "finanzia le misure di compensazione territoriale a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare" e lo smaltimento delle scorie nucleari. Ma di nuovo attenzione: dal 2005, circa il 70% del gettito di questa voce è destinato al bilancio dello Stato." (Fonte Today.it)

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(per restare informati - editoriali )

 

 

 

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Busseto, 20 febbraio 2018 | Aprire un negozio a Busseto o nelle frazioni conviene: l'Amministrazione Comunale ha, infatti, deciso di rimborsare la Tari ai nuovi commercianti per i primi due anni di vita dell'attività commerciale. Un incentivo volto a favorire l'apertura di nuovi negozi su tutto il territorio comunale. Già da alcuni mesi, sulle attività commerciali, è stata attivata la riduzione del 10% della Cosap: a questo intervento se ne aggiunge ora un altro a favore del commercio e delle nuove attività.

Chi aprirà un nuovo esercizio commerciale a Busseto non pagherà la Tari per i primi due anni: "Nello specifico – spiega l'assessore al Bilancio Stefano Capelli – il Comune provvederà al pagamento in misura totale della Tari per il primo anno di esercizio, con un massimale di spesa di 1000€; mentre per il secondo anno la tariffa verrà rimborsata per il 50%". Esistono tuttavia dei parametri da rispettare per poter usufruire degli incentivi: il negozio deve, infatti, essere aperto in locali chiusi o abbandonati: non saranno conteggiati nell'incentivo i subentri.

"Si tratta – commenta l'assessore al Commercio Marzia Marchesi – di un piccolo segnale da parte dell'Amministrazione Comunale che si pone l'obiettivo di salvaguardare e preservare con tutti i mezzi possibili le attività di vicinato. Sono le vere ricchezze per l'economia del Paese e l'unica soluzione per mantenere vivi e sicuri i centri storici di Busseto e frazioni, che in una realtà a vocazione agricola e turistica, rimangono punti di aggregazione e servizio.

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Agenzia delle Entrate, Gdf, Anci e Ifel hanno firmato il nuovo protocollo d'intesa per una più efficace partecipazione dei Comuni all'accertamento.

Roma 8 febbraio 2018 - Segnalazioni qualificate, formazione mirata con l'utilizzo delle best practice e delle nuove tecnologie, rafforzamento della rete dei referenti a livello territoriale che lavoreranno in sinergia in ogni fase del processo, coordinamento e indirizzo strategico-operativo da parte del gruppo di lavoro: sono questi i punti chiave del nuovo Protocollo d'intesa triennale firmato oggi da Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e Ifel (Istituto per la finanza e l'economia locale) con l'obiettivo condiviso di dare una nuova spinta alla partecipazione degli Enti locali all'accertamento dei tributi erariali, consolidando i risultati già raggiunti fino a oggi e implementando strumenti e azioni che possano favorirla e accelerarla nei prossimi anni.

Qualità delle segnalazioni - Qualità è una delle parole chiave del nuovo patto a quattro antievasione.

Un obiettivo che dovrà essere raggiunto in primis con un adeguato piano formativo che interesserà tutti gli attori del processo, con la definizione di una check list di fatti, elementi e informazioni che aiutino a predisporre segnalazioni qualificate direttamente utilizzabili e, soprattutto, con la diffusione e l'implementazione delle best practice, cioè delle buone pratiche individuate sul territorio, al fine di migliorare le procedure di selezione e di analisi per una corretta elaborazione dei profili e dei comportamenti a rischio, ovvero, potenzialmente elusivi o evasivi.

Altra leva fondamentale sarà costituita dal rafforzamento del team antievasione, un gruppo di lavoro costituito da esperti di tutti gli Enti firmatari, specializzati nei processi di verifica e accertamento comunale ed erariale, di banche dati e informatica, che contribuirà, con incontri periodici dedicati, a definire le linee guida e le strategie operative per realizzare gli obiettivi dell'intesa. Sinergia tra gli attori - La seconda parola chiave è sinergia: al centro della nuova intesa un posto di rilievo spetta sicuramente alla rete dei referenti, fondamentale per il coordinamento delle attività a livello territoriale, per la conoscenza e il corretto utilizzo del patrimonio informativo a disposizione degli Enti locali, per la conduzione dei piani specifici di formazione, per lo sviluppo di processi di analisi del rischio mediante l'incrocio delle banche dati a disposizione nonché per un costante confronto sullo stato di lavorazione delle segnalazioni al fine di migliorarne, progressivamente, la qualità.

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Mario Lucenti di Confimi: "Pressione fiscale alle stelle, i nostri quartieri artigianali rischiano di diventare delle città fantasma".

La solita legge da Azzecca-Garbugli, in pieno stile italiano. Mentre saltimbanchi e circensi discutono di sacchetti biodegradabili e di alleanze sconce la vera Italia (quella composta da chi lavora) naviga senza nessuno al timone, verso una deriva senza precedenti.

Questa volta, a preoccupare il mondo delle piccole e medie imprese modenesi è una legge che (probabilmente) è stata scritta bene ma applicata male, come spesso avviene in questo meraviglioso paese, dove chi lavora si trasforma nel bancomat abituale di chi invece ha deciso di vivere di espedienti e di campagne elettorali.

Questa volta, lo strumento utile al solito salasso di cui è vittima il manifatturiero, è una norma che regola il pagamento della tassa sui rifiuti, dazio di cui beneficiano direttamente i Comuni, in questo caso di Modena, attraverso la collaborazione di Hera: "Prima il D.P.R. 915/82 poi il D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 (art. 14) ed infine la L. 27 dicembre 2013 n. 147 (art. 1 Comma da 639 a 668) dicono chiaramente che nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI (prima Tares e Tarsu), non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori" Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Confimi Emilia.

In poche parole la norma precisa che se l'azienda ha una sala di lavorazione, la superficie di questa deve essere scomputata dal calcolo della superficie di produzione dei rifiuti in quanto sarà l'azienda stessa a pagare l'impresa o l'ente addetto che si occupa di smaltire i rifiuti, talvolta materiali ferrosi, tossici o comunque carichi che necessitano di una ditta specializzata allo smaltimento.

Le piccole e medie imprese modenesi si sono rivolte a Confimi per tentare di fare chiarezza sulla beffa, a preoccupare è l'interpretazione della legge, interpretazione che mette in seria difficoltà le aziende del nostro territorio: "Hera (e per lei il Comune di Modena quale ente di riscossione) interpreta male la legge in quanto sostiene che in realtà la sola superficie che non dovrebbe essere presa in considerazione è quella su cui poggia il macchinario, non tutta la sala di lavorazione, capannone appositamente creato per ospitare i macchinari di produzione, aumentando di conseguenza tutta l'area di calcolo soggetta a tassazione: in poche parole anche le aree di lavorazione esenti da questa tassa vengono calcolate, aumentando la pressione fiscale su ogni singola azienda. Mi spiego: se costruisci un capannone di 400 metri per ospitare una macchina a taglio laser sarà esente dalla tassa sui rifiuti solamente la superficie effettiva su cui poggia il macchinario in questione. "L'anomalia è stata presa più volte in analisi anche dallo Stato, ma Hera e il Comune continuano ad applicare questo metro: "L'anomalia in realtà è anche già stata risolta più volte dalla Cassazione e da una circolare del Ministero delle finanze, la n. 47505 del 9/12/2014. Questa afferma chiaramente che non può ritenersi corretta l'applicazione del prelievo alle superfici destinate alle attività produttive con la sola esclusione della parte di esse occupata dai macchinari affermando pertanto che l'intera sala di lavorazione deve essere scomputata dal calcolo. Hera confida nel fatto che nessuno faccia opposizione, e soprattutto che le piccole e medie imprese rinuncino ad eventuali controversie legali" così Gorzanelli, che ha continuato dicendo: "Imprenditori e artigiani sono assediati da tasse, scartoffie, avvocati, commercialisti, spese legali e controversie evitabili. Nella maggior parte dei casi, quando l'azienda è di piccole dimensioni, il lavoratore in questione preferisce pagare e andare avanti, pur consapevole di quello che accade intorno a lui. Non tutti hanno il legale interno e questi tipi di ricorsi costano non poco".

Dello stesso avviso Mario Lucenti, direttore generale di Confimi Emilia: "Siamo colpevoli di fare impresa, di creare posti di lavoro. Una multinazionale non ha questi problemi, perché hanno a disposizione legioni di avvocati, pronti a rimediare a questa sorta di anomalia, il piccolo imprenditore invece, nella maggior parte dei casi, deve seguire tutti i processi di produzione, deve occuparsi del commerciale e di tutto il resto e non ha la forza e le energie per difendersi da questo tipo di operazione. Vogliono vederci fallire? Se continuano ad esercitare questa pressione fiscale i nostri quartieri artigianali diventeranno delle città fantasma".

Confimi emilia romagna - Modena 25 gennaio 2018 

Nella foto, a sinistra Giovanni Gorzanelli, a destra Mario Lucenti, al centro l'imprenditore Romolo D'Eboli

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