Sabato, 04 Marzo 2017 10:23

Cibo, non esiste quello 'nemico': nuoce perché usato male In evidenza

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Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha messo in discussione il concetto delle 'intolleranze alimentari', superando la visione del cibo 'cattivo'. Si parla ora di infiammazioni alimentari. Come conoscerle e combatterle.

di Alexa Kuhne

4 marzo 2017

Non esiste il cibo 'nemico'. E' la sua scorretta utilizzazione che fa male. L'organismo va 'svezzato' dalle infiammazioni - molto più subdole di quanto si pensi - proprio come si fa con un bambino di pochi mesi.
Lo dice la ricerca scientifica che, negli ultimi anni, ha messo in discussione il concetto ormai obsoleto delle cosiddette "intolleranze alimentari", superando la visione di cibo 'ostile': in realtà non esistono cibi cattivi di per sé, ma è solo la loro scorretta utilizzazione che ne può determinare la relazione con disturbi e malattie; pensiamo alla connessione spesso esistente tra glutine e sindrome del colon irritabile, tra lieviti e malattie autoimmuni, tra latte e lieviti e artrite reumatoide, tra infiammazione da cibo e obesità.
Di infiammazione da cibo, si parla oggi, superando la vecchia terminologia di "intolleranza alimentare", termine che è stato usato in modo assolutamente improprio per lungo tempo, tanto che oggi il termine stesso è da molti vissuto come indicazione chiara di mancanza di scientificità.

mario mariotti Unika Medical Spa nutraceutica 

Un chiarimento va fatto, prima di tutto: "La reazione infiammatoria dovuta al cibo - spiega il dott. Mario Mariotti, medico estetico fondatore di Unika medical spa ed esperto di nutrizione - ha caratteristiche molto diverse dalle allergie, soprattutto per il modo in cui si viene a creare e per i tempi necessari alla comparsa dei sintomi, anche se spesso i sintomi che si evidenziano sono molto simili".
Per i medici, da tenere sott'occhio sono le citochine infiammatorie, molecole proteiche che si possono misurare perché sono correlate al cibo: "Grazie alle citochine - dice il dott. Mariotti - si può definire quindi quanto una singola condizione clinica necessiti di scelte nutrizionali diverse. La maggiore o minore ristrettezza dietetica sarà commisurata al livello di infiammazione presente. La valutazione del BAFF e di altre citochine come il PAF (Platelet Activating Factor) sta entrando nella pratica comune".

L'infiammazione da cibo esprime una reazione lenta del nostro organismo: "Insorge - spiega il dott. Mario Mariotti - dopo l'assunzione ripetuta della sostanza alimentare, o dopo il contatto con un agente ambientale, non necessariamente alimentare. Si tratta di una reazione connessa all'immunità innata nei confronti degli alimenti. Con l'identificazione del BAFF (B Cell Activating Factor) e la sua azione infiammatoria e immunomodulante si è capito con chiarezza perché l'infiammazione da cibo possa causare a cascata una serie di sintomi talvolta diversi tra loro ma legati ad una causa infiammatoria immunologica comune".
Di fronte ad un possibile fenomeno infiammatorio cronico, è importante prima di tutto confermare una diagnosi e poi trovare il trattamento ad hoc.
"Una volta valutati i valori di BAFF e di PAF - chiarisce Mariotti - che caratterizzano il livello infiammatorio di ogni individuo, fatti attraverso RecallerProgram, si può cominciare un trattamento specifico che è una dieta che guidi il recupero della tolleranza alimentare, esattamente come avviene per lo svezzamento del bambino. Non c'è un cibo cattivo, ed oggi l'immunologia moderna riesce a guarire gravi problemi con una impostazione alimentare".

Come si procede, dunque, nell'impostare una dieta specifica per eliminare l'infiammazione da cibo? La risposta dell'esperto è di procedere come se si stesse svezzando un bambino: "Aiutando l'organismo a riavvicinarsi agli alimenti non 'accettati', in modo da facilitare il recupero della tolleranza. Lo schema di lavoro è quello della rotazione, cioè della individuazione degli alimenti possibile causa di infiammazione, e del loro controllo alimentare in particolari giorni della settimana. Usare il profilo alimentare individuale in questo modo guida ogni persona verso il benessere e verso il controllo di molte delle reazioni infiammatorie. Quando una persona si nutre nel modo più adatto ai propri personali bisogni, sulla base di dati forniti direttamente dall'interno e non in relazione a idee esterne preconcette o arbitrarie, diventa possibile controllare in modo semplice l'aspetto infiammatorio presente e aiutare ogni individuo a riconquistare e mantenere il proprio benessere".

Quello che colpisce è che la sintomatologia correlata con l'infiammazione da cibo è infinita e le ricerche scientifiche relative alla infiammazione a bassa intensità continuano a portare nuovi dati sull'effetto di questo tipo di infiammazione sulla salute.

Vediamo, con l'aiuto di un elenco stilato dall'Esperto, le principali malattie causate da infiammazione da cibo.

  • Malattie autoimmuni: l'aumento di BAFF determina uno stimolo sulle cellule B che può indurre e mantenere la maggior parte delle malattie autoimmuni, come avviene per la tiroidite di Hashimoto.
  • Apparato gastrointestinale: meteorismo, eruttazioni, diarrea, nausea, gastrite, reflusso gastroesofageo, colite, sindrome del colon irritabile, sensazione di pesantezza, dolori addominali, malassorbimento, malattie infiammatorie intestinali, appetito ridotto o aumentato, crampi.
  • Sistema respiratorio: riniti, sinusiti, bronchiti, asma, tosse, tendenza a ripetere forme infettive, poliposi nasale e sinusale, russamento, olfatto ridotto o aumentato.
  • Cute: eruzioni cutanee, eczema, orticaria, acne, dermatiti, prurito cutaneo, ritenzione idrica, eritema solare, psoriasi e dermatite atopica.
  • Sistema nervoso: cefalea ed emicrania, astenia, difficoltà di concentrazione, torpore mentale, sonnolenza, vertigini, affaticamento, sbalzi d'umore, sindrome da stanchezza cronica, alcune forme di insonnia, manifestazioni epilettiche con aura; in relazione a studi recenti che coinvolgono la neurochimica cerebrale, anche aspetti nevrotici, tendenza depressiva, ansia, iperattività e altri sintomi classica- mente neurologici oggi possono essere aiutati anche da un controllo alimentare.
  • Apparato gemito-urinario: cistiti, vaginiti, infezioni, sterilità, dismenorrea, candidosi, cistiti abatteriche (quelle in cui non sembra esserci alcun batterio responsabile), mestruazioni abbondanti o dolorose o irregolari, supporto alla fecondazione assistita, controllo di alcune delle condizioni patologiche della gravidanza.
  • Sistema muscolare e articolare: artrite reumatoide, mialgie, crampi, tendenza agli strappi, dolori articolari, artriti in genere, comprese quelle reattive e psoriasiche, spasmi, tremore, rigidità muscolare.
  • Metabolismo, diabete e obesità: è stato osservato che esiste una relazione tra infiammazione da cibo e sovrappeso. Controllando l'assunzione degli alimenti che generano infiammazione si può ottenere una riduzione della resistenza insulinica indotta dagli alimenti, una riduzione dei radicali liberi con effetti a cascata sul metabolismo.
  • Altro: edemi, gonfiore delle palpebre, del volto o delle gengive, congiuntiviti, infezioni ricorrenti, afte, difficoltà di deglutizione, ronzio auricolare, perdita di udito, aumentata sensibilità ai suoni, palpitazioni, tachicardia, infiammazioni venose o arteriose. È ormai sicuro che l'interferenza sul sistema immunitario possa contribuire alla nascita di molte malattie autoimmuni o reumatologiche quali l'artrite reumatoide.

In genere, comunque, qualsiasi disturbo con componente infiammatoria cronica di cui non si riesca a comprendere l'origine dovrebbe far pensare anche ad una sottostante infiammazione da cibo. Significa che è possibile guarire (o contribuire a migliorare) quel disturbo anche con una semplice dieta, una volta che sia stata compresa l'esistenza di una infiammazione da cibo e che siano sia stato identificato il Profilo Alimentare personale.