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Oltre 350 gli iscritti al club "Io scelgo Parmigiano Reggiano". Successo del primo appuntamento con informazioni, degustazioni, istruzioni sulla presentazione, valutazioni di costi e benefici rispetto ad altri prodotti.

Reggio Emilia, 1 marzo 2017

Ristoratori a "lezione" di Parmigiano Reggiano. E' questo il senso dell'ampia partecipazione registrata al primo evento promosso dal Consorzio di tutela nell'ambito delle iniziative destinate agli iscritti al club "Io scelgo Parmigiano Reggiano", del quale fanno già parte oltre 350 ristoranti italiani.
Ad essi il Consorzio offre un percorso che entra nel merito non solo delle caratteristiche del prodotto e del suo legame particolare con il territorio, ma suggerisce le strade più efficaci perché l'affezione al prodotto diventi un elemento che genera un particolare valore per i ristoranti.
"Il progetto - sottolinea il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti - si innesta su una relazione che cambia sostanzialmente nella sua natura, trasformando un rapporto commerciale tra produttori e acquirenti del mondo della ristorazione in una vera e propria partnership, dove sono ben chiari gli interessi comuni, quelli di ciascuna delle parti e, soprattutto, quelli dei consumatori, che potranno apprezzare meglio l'originalità e le diverse tipologie di Parmigiano Reggiano, arrivando fino alla conoscenza dei diversi caseifici del comprensorio".
Il primo appuntamento - tenutosi a Eataly Milano Smeraldo - ha visto esauriti i 30 posti disponibili e una lista d'attesa che già prefigura nuovi imminenti appuntamenti.
Nel corso dell'evento - condotto da Simone Ficarelli, dell'ufficio marketing del Consorzio - ai ristoratori presenti sono state fornite informazioni generali sul prodotto, per giungere poi ad un focus legato alle diverse caratteristiche del prodotto in base al tempo di stagionatura, affiancato da una degustazione di Parmigiano Reggiano di 18, 24 e 48 mesi, dalla dimostrazione pratica del modo migliore di apertura della forma e al come si porziona e si scaglia il prodotto per la migliore presentazione in tavola.
Un confronto, comunque, orientato non solo alla valorizzazione dei gusti che il prodotto assume nel tempo, ma anche ad approfondire, cifre alla mano, i costi e i vantaggi dell'uso del Parmigiano Reggiano rispetto ad altri prodotti, nonché il valore che si lega all'associare ai piatti il nome del caseificio produttore, la specifica area di provenienza e le sue particolarità.
"Il progetto - spiega Deserti - va così a rafforzare anche il legame diretto tra ristoratori (e quindi i consumatori) e produttori, in un percorso di trasparenza che valorizza la scelta sulla qualità che, anche alla luce dei costi, è perfettamente compatibile (e lo dimostrano proprio le adesioni al club "Io scelgo Parmigiano Reggiano") con ristoranti di tutti i tipi e fasce di prezzo".
Dopo il successo del primo evento, altri appuntamenti saranno ora programmati in diverse aree italiane, mentre le iscrizioni al club "Io scelgo Parmigiano Reggiano" restano aperte attraverso il sito ioscelgo.parmigianoreggiano.com

(Fonte: Consorzio del Parmigiano Reggiano)

Lunedì, 27 Febbraio 2017 16:38

La Cantina Settecani è V.I.V.A. e sostenibile

La Cantina Settecani è V.I.V.A. e sostenibile : l’importante certificazione di sostenibilità, attribuita dal Ministero dell’Agricoltura è stata consegnata alla Cantina modenese, che entra in un ristretto club di virtuose realtà vinicole italiane.

Lunedì 27 Febbraio 2017 -

Erano appena in 48 gli agricoltori che fondarono la Cantina Settecani nel 1923, oggi sono 200. Un percorso condiviso che ha connotato nel corso di alcuni decenni, l’opera virtuosa di una delle realtà più significative nel panorama delle cantine sociali. Una cantina nel cuore del Grasparossa, posta nella frazione di Settecani, ai confini delle località modenesi di Castelvetro, Castelnuovo Rangone e Spilamberto, che ha saputo crescere, senza mai smettere di porsi nuovi e ambiziosi obiettivi, superando difficoltà, e conquistando successi.

Lo spirito è quello di una grande famiglia fatta di famiglie, una realtà imprenditoriale dove le decisioni si prendono insieme, e mentre si guarda all’anno appena trascorso e si tracciano i primi bilanci, si ricordano gli importanti traguardi raggiunti nel 2016: l’Oscar della Guida Bere Bene del Gambero Rosso 2017 per l’ottimo rapporto qualità prezzo, con il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Secco; la medaglia d’argento al Concorso internazionaleLa selezione del Sindaco”; l’inserimento nella Guida “Emilia Romagna da bere e da mangiare” e la presenza nella Guida Vini d’Italia 2017 del Gambero Rosso. Insieme a un altro successo che rende orgogliosi i soci della Cantina Settecani, il prestigioso riconoscimento V.I.V.A., attribuito ai vini sostenibili di pochissime cantine italiane. Un progetto del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, che grazie a DNV GL, uno dei principali enti di certificazione a livello mondiale, ha attentamente registrato le performance di sostenibilità della storica cantina modenese.

Una certificazione lunga e complessa da ottenere, nella quale ogni elemento determinante allo svolgimento dell’attività - Aria, Acqua, Vigneto e Territorio, viene esplorato in tutti i suoi aspetti, seguendo un rigido disciplinare tecnico, che tiene conto di metodologie di monitoraggio, sistemi di controllo e valori essenziali che indicano l’attenzione dell’azienda alla sostenibilità. Un percorso che indica “i vini sostenibili” prodotti senza nuocere in alcun modo al territorio, e che alfine possono fregiarsi dell’etichetta V.I.V.A. da porre sulla bottiglia.

Un blasone conquistato da Cantina Settecani nel 2016, che entra così di diritto in un club ristretto di aziende del calibro di Marchesi Antinori, Tasca D’Almerita, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Arnaldo Caprai, Guido Berlucchi & C., che hanno scelto la sostenibilità come valore primario. Il progetto V.I.V.A. (Valutazione dell’Impatto della Vitivinicoltura sull’Ambiente) è stato sviluppato dal Ministero in collaborazione con un pool di importanti enti di ricerca (Agroinnova dell’Università di Torino, il Centro Opera per l’agricoltura sostenibile dell’Università Cattolica di Milano e il Centro di ricerca sulle biomasse dell’Università di Perugia) e con il supporto dell’ente di certificazione DNV GL.
 

www.cantinasettecani.it/

 

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Fabbrica Italiana Contadina, è il grandioso parco alimentare che sta sorgendo a Bologna: pascoli, botteghe, laboratori, formazione, ristoranti e street food

Di Chiara Marando -

Sabato 25 Febbraio 2017 -

La cultura del cibo di alta qualità, la bellezza della biodiversità del settore agroalimentare italiano e tutto il sapere di chi, da sempre, lavora per quell'eccellenza che rende il nosto patrimonio enogastronomico un unicum: questo è FICO – Eataly World Tour.

Un progetto ambizioso che vede al lavoro oltre trecento operai, per un totale di 80.000 metri quadrati di cantiere ed un investimento di oltre 100 milioni di euro tra capitale pubblico e privato, realizzato da un consorzio costituito da due Coop “rosse”, Cmb di Carpi e Cefla di Imola.

FICO, Fabbrica Italiana Contadina, è il grandioso parco alimentare che sta sorgendo a Bologna su progetto del Centro AgroAlimentare di Bologna e sotto la gestione di Eataly World, società costituita da Eataly e Coop.

FICO

L'idea è quella di racchiudere in un unico luogo tutta la tradizione made in Italy, dal “campo alla forchetta”, mostrando e raccontando i vari passaggi della filiera e mettendo in risalto l'unicità che contraddistingue i prodotti dei diversi territori, la loro lavorazione, coltivazione e cura.

Sono circa 10.000 i metri quadrati destinati a pascoli, frutteti ed orti dimostrativi che arricchiranno la narrazione di quello che rappresenterà uno tra i centri alimentari più grandi d'Europa.

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FICO vuole diventare la struttura di riferimento per la divulgazione e la conoscenza dell'agroalimentare, il punto di incontro e scambio per tutti coloro che amano il cibo e desiderano conoscerne i segreti e la storia.

Questa volta Oscar Farinetti, l’imprenditore piemontese che ha fondato Eataly, ha pensato ancora più in grande: enormi spazi espositivi, 40 laboratori, ma anche 25 tra ristoranti, bancarelle, botteghe artigianali e chioschi che accoglieranno 6 milioni di visitatori l'anno tra italiani e stranieri.

FICO 3

L'apertura è fissata per il 4 ottobre prossimo e si prevede che possa diventare un'attrazione internazionale capace di promuovere lo stile di vita italiano e la sua cultura del buon cibo e della tavola.

 

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Martedì, 21 Febbraio 2017 09:25

Una volta per caso: Live Wine 2017 Milano

Il più importante evento del vino artigianale realizzato a Milano con 150 produttori sia dall'Italia che dall'estero. Un incontro di idee e di confronto senza compromessi nella più totale serenità.

da L'Equilibrista

21 febbraio 2017

Ricordo la prima volta che misi piede qui a LIVE WINE e non sapevo dove fosse esattamente il Palazzo del Ghiaccio e qualcuno mi disse che era nel cuore di Milano, "La Milano da bere si diceva...". Dopo anni di assoluto glamour, Milano aveva ceduto il passo al business sfrenato ed alla ricerca di una sua personalità da ritrovare. Poi qualche anno di purgatorio e l'anticamera di EXPO come vetrina mondiale da "dentro o fuori" ed oggi Milano ritorna intrigante e frizzante grazie soprattutto ad eventi come LIVE WINE nel cuore della Città.

LIVE WINE fa respirare aria frizzante e moderna con produttori ricercati che arrivano da tutto il panorama vitivinicolo regionale ed europeo, creando un momento di incontro sincero sia per operatori di settore che enogastronauti dell'ultima ora.

livewine 2017 vino

Passeggiando per gli stands incrocio gente conosciuta, qualche amico e alle volte nuove gradite scoperte che credo valga la pena di assaggiare...

Con questo presupposto parto dalla Toscana, scelta che di solito riservo alla fine o quanto meno dopo lunghe riflessioni su altre zone, ma stavolta voglio assaggiare la cantina FABIANI, costituita dai due fratelli che fanno vino per passione, fortunatamente non per hobby...sfruttando le vigne vecchie di cinquant'anni ereditate dal padre. E' il loro Fontenasso infatti che mi sorprende, colpisce l'uvaggio Provanico, ovvero il sempre verde Trebbiano toscano ed un tocco di Malvasia che ne restituisce note di malva, uva passa ed un finale di mandorla lavata, con un ritorno al palato preciso e persistente.
Dopo altri incontri, decido di fare una pausa e di documentarmi sul fenomeno che ormai sta spopolando, ovvero quello dei vitigni resistenti, vero e proprio culto per Aziende come THOMAS NIEDERMAYER o LIESELEHIF che ne esaltano i poderosi incroci a tutto vantaggio di una riduzione dei pesticidi e sostanze inquinanti per il consumatore, rispettandone l'unicità e la tipicità, temi che qui a LIVE WINE possono essere trattati con calma e chiarezza, perchè al centro c'è la viticultura, la voglia di sperimentare degli agricoltori e quella di sapersi far coinvolgere in progetti nuovi e alternativi per i clienti.
LIVE WINE oggi significa libertà di sperimentare, stupire e magari sbagliare, ma in modo costruttivo e anticonformista.

A testimonianza di questo, mi dirigo verso quella che sarebbe stata la più bella scoperta della mia giornata e vado a conoscere DUEDEI, mai incontrati prima. Questa cantina siciliana, si presenta con un rifermentato in bottiglia stampo metodo classico italiano o metodo champenoise, davvero ricco e senza spigoli in bocca, delicato e bello nitico all'olfatto, cosa che non è mai facile soprattutto per vini con limitatissimo zucchero aggiunto o detti anche dosaggio zero. Resta in bocca a lungo regalando frutta matura e croccante tanto che vorrei risentirlo subito.

live wine 2017 vini

La giornata scorre via e dopo vari tentativi andati a vuoto, è l'ora di rossi alternativi e quindi proseguo animato da voglia di fare. Ricordo bene la CANTINA SEDILESU che avevo sfiorato diverse volte ma che per mancanza di tempo avevo sempre mancato. Stavolta punto deciso su questa eccellenza sarda che qui a Live Wine si presenta con il suo Cannonau; ebbene, Mamuthone si presenta con un bel rosso ricco, da terreni che di solito sono scarsamente piovosi e che ne arricchiscono di pigmenti colorati il manto del vino, d'atra parte: "bella scoperta siamo in Sardegna! ", e fino qui è vero, ma la stranezza invece inizia proprio qui, perchè al naso emergono note di fango, terriccio umido e spezie lignine, proseguendo poi al palato con un vino che risulta garbato con un entrata in punta di piedi forse troppo a mio avviso, ma certamente elegante che non ricorda per nulla l'irruenza dei vini sardi e tantomeno il Cannonau che nella sua versione riserva, il Ballu Tundo, è invece più tostato ma sempre con questo tannino quasi accennato che però sul finale risulta penalizzante sulla persistenza in bocca che infatti non è massima come si vorrebbe. Comunque appagante in bocca.

Dopo un caloroso passaggio dalla CANTINA ENZA, della quale apprezzo sempre l'aglianico Passione, mi invita un giovane produttore della prima cantina sulla sinistra entrando nella sala, si tratta di TOGNI REBAIOLI che dopo una bella discussione sulle differenze fra il vitigno Maestri coltivato nel bresciano rispetto al nostro Emiliano, mi presenta il suo Cavalier Enrico, cento per cento Merlot. Al naso emergono note ben chiare balsamiche, viola, mammola ed un intrigante eucalipto. In bocca entra bello gustoso e misurato nella frutta mantenendo una discreta eleganza degna del nome che porta e chiude con una adeguata persistenza che non molla la presa così facilmente. Bel prodotto, anche da accompagnare con piatti a base di carne rossa o primi piatti della cucina contadina.

Guadagno l'uscita e ripenso ai tanti esperimenti più o meno riusciti che ho assaggiato oggi, alle cantine che lavorano bene e a quelle che forse dovranno fare di più, alla bella vetrina che offre sempre la piazza di Milano al LIVE WINE che nella città più selettiva d'Italia resta un punto di uguaglianza e di confronto onesto e sincero. Come i suoi vini.

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Lunedì, 20 Febbraio 2017 13:03

La classica pasta e fagioli: ricetta

Il più classico dei piatti ancora adatto in queste fredde serate d'inverno e dall'ottimo apporto nutrizionale ce lo propone la ricetta di ILARIA BERTINELLI. Enjoy your food!

Nonostante le giornate vagamenti primaverili, sebbene siano ancora corte e comunque fredde nelle sere di febbraio nella maggior parte del nostro Paese, il piacere che ci regala una minestra fumante ha il potere di rigenerarci e scaldarci come poche altre pietanze. E la pasta e fagioli è un classico difficile da uguagliare sia da un punto di vista nutrizionale, che del potere saziante e del sapore.

Per organizzare il nostro tempo in cucina, partire dai fagioli secchi significa ricordarsi di metterli in ammollo la sera precedente e calcolare almeno 1 ora per farli cuocere in tempo per la cena.
In alternativa, e vi devo confessare che anche io a volte scelgo la scorciatoia, si possono utilizzare i borlotti in scatola, ben sciacquati dall'acqua di conservazione, che saranno pronti in 15 minuti!

pastaefagioli-ricetta-ingredienti

Consumare legumi e pasta rappresenta la base della dieta mediterranea, quindi oltre al piacere infinito del piatto, avremo anche la soddisfazione di esserci presi cura della nostra salute. Buon appetito!

Ingredienti per 4 persone 4            

                                     pastaefagioliricetta-cucina

1 lt acqua
200 g fagioli borlotti secchi
60 g ditalini rigati oppure maltagliati fatti in casa
30 g cipolla
25 g carota
b. sale, rosmarino, olio, pepe, Parmigiano Reggiano

PREPARAZIONE

  • In un tegame, soffriggere leggermente la cipolla e la carota tagliate a pezzetti con un filo d'olio, aggiungere i borlotti ammollati e coprire il tutto con l'acqua, salare, aggiungere qualche ago di rosmarino e cuocere per 1 ora circa.
  • Togliere dal tegame 3 cucchiai di borlotti interi e frullare il resto della zuppa con un frullatore a immersione in modo da ottenere una crema omogenea.
  • Portare la crema ad ebollizione, buttare i ditalini rigati nella zuppa e farli cuocere.
  • Aggiungere alla crema i borlotti interi messi da parte e servirla con una spolverata di parmigiano grattugiato e un filo d'olio.
  • A piacere, si può aggiungere una macinata di pepe nero.

ricetta-pastaefagioli

Per seguire Ilaria e le sue ricette particolarmente adatte anche per celiaci e diabetici segui il suo blog su www.unochefpergaia.it 

 

With the Courtesy of: bellomagazine.com – buonalavita.it – greenme.it – iostudionews.it – incucinadanonnatitti.com – mangiarebuono.it – gingerandtomato.com – granoro.it – runnersworld.it – best5.it – cattolica.info – demetrafood.it – it.fotolia.com – parmalat.it – parmigiano-reggiano.it – salute-e-benessere.org – dgmag.it

 

 

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E' nata l'Accademia del panino italiano per promuoverne la cultura del panino, tutelarne l’identità gastronomica e favorirne la corretta diffusione nel mondo. Un team di professionisti si occuperà di formare tre nuove figure: Gastronomo del panino, Creativo del panino, Maestro del panino.

Di Chiara Marando -

Sabato 18 Febbraio 2017 -

Proviamo a fermarci e pensare per un attimo a quale sia il nostro pasto per eccellenza durante la settimana lavorativa. Ecco, sicuramente, la maggior parte di noi sarà d'accordo nel rispondere il panino.

Che sia semplicemente con prosciutto crudo o cotto, vegetariano, oppure maggiormente ricercato e farcito, il panino rappresenta un appuntamento immancabile per il pranzo di noi italiani sempre alla ricerca del gusto, ma schiavi di tempi un po' troppi stretti. Questa preferenza, però, non è solo Made in Italy, piuttosto un'abitudine globale.

Ma chi pensa che un panino sia qualcosa di poco valore culinario si sbaglia, e molto. In realtà può essere un piatto da veri gourmet, equilibrato, armonico e portatore di vere e proprie tradizioni. Non basta farcire, bisogna capire come farlo, scegliere il pane giusto e tutti gli ingredienti migliori sposandoli tra loro. Servono fantasia, conoscenza e mestiere.

panino disegno

Capacità che l’Accademia del panino italiano, una Fondazione da poco inaugurata, incarna con la finalità di promuoverne la cultura del panino, tutelarne l’identità gastronomica e favorirne la corretta diffusione nel mondo.

A volere fortemente e portare avanti questo progetto sono gli imprenditori Antonio Civita ed Elena Riva, già proprietari del brand Panino Giusto, che hanno fornito gli spazi, le risorse ed i materiali. L'obiettivo dell'Accademia è chiaro: formare personale specializzato, ma anche far incontrare e dialogare tra loro studiosi, produttori, artigiani e cuochi.

Anche la sede ha un fascino tutto particolare, di quelli che richiamano la progettualità, le cose in divenire che nascono dal recupero, in questo caso della tradizione italiana più genuina. E' a Milano, zona Bocconi, all'interno di un vecchio deposito restaurato e rimesso a nuovo che oggi ospita una scuola, laboratori, mostre ed anche una particolare biblioteca tematica dal titolo “Panino, da natura a artificio”, con oltre 1500 volumi.

Panino 2

Tre sono le figure professionali che usciranno dalla Scuola dell'Accademia del panino: Gastronomo del panino, Creativo del panino, Maestro del panino.

E se siete interessati, sappiate che i corsi partiranno a marzo e prevedono un programma in grado di garantire una formazione a 360 gradi in ambito tecnico, gestionale, culturale, artigianale, ma anche di marketing e comunicazione, con l'aggiunta di stage pratici presso aziende partner.

Di spicco i nomi che faranno parte del team di professionisti, raccolti in Advisory Board: Alberto Capatti, celebre storico della cucina italiana, scrittore e rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Alessandro Frassica, Aldo Colonetti, esperto di design, Anna Prandoni, giornalista di cucina, direttrice della scuola e della rivista “Il Panino Italiano”, lo chef stellato Claudio Sadler e Davide Longoni, maestro del pane.

Un impegno ed una unicità sancita dal Manifesto del Panino italiano, documento che nella qualità degli ingredienti, nel legame con la tradizione e nella vocazione italiana del rispetto per il cibo, individua i valori fondanti di un prodotto artigianale e culturale d'eccellenza. Si tratta del primo passo verso un obiettivo più ampio, ovvero la Certificazione del Panino Italiano.

 

 Credits photo: www.accademiapaninoitaliano.it/

 


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Vi consigliamo una ricetta gustosa e facilissima da preparare: Tagliatelle paglia e fieno Pastificio Andalini con salsiccia e funghi porcini. E basta veramente poco tempo per realizzarle.

Ricetta e Foto di Chiara Marando

Mercoledì 15 Febbraio 2017 -

Non avete ancora pensato a cosa preparare per cena? Allora vi consiglio la ricetta che ho provato l'altra sera, un mix tra il gusto corposo della salsiccia ed il delicato profumo dei funghi porcini. Insomma una coccola che è piacevole concedersi dopo una giornata di lavoro: Tagliatelle paglia e fieno Pastificio Andalini con salsiccia e funghi porcini

E basta veramente poco tempo per realizzarla. L'imperativo però è solo uno: gli ingredienti devono essere ottimi!

Andalini 1

Ingredienti per 4 persone:

250 gr di Tagliatelle paglia e fieno Pastificio Andalini

2 Salsicce di medie dimensioni

200 gr di Funghi porcini freschi/ 150 gr se secchi

Tritto di sedano, carota e cipolla per il soffritto

Birra bianca per sfumare

sale e pepe q.b.

Preparazione:

In una padella antiaderente fate soffriggere il trito di sedano, carota e cipolla con un filo d'olio ed aggiungetevi le salsicce tagliate grossolanamente in piccoli pezzi.

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Fate cuocere per qualche minuto, sfumate il tutto con la birra e continuate la cottura fino a quando la carne non sarà quasi pronta.

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Se scegliete di utilizzare i funghi secchi, dovrete metterli per tempo in una ciotolina con dell'acqua per farli ammorbidire.

Quindi, aggiungeteli alla salsiccia, aggiustate di sale e pepe e ultimate la cottura mescolando per pochi minuti così che tutti gli elementi si insaporiscano a dovere.

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Nel frattempo, buttate le tagliatelle in una pentola con acqua bollente e salata; scolate la pasta ancora al dente e terminate la cottura con il condimento appena preparato e facendola saltare in padella.

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Servite con un filo di olio a crudo.

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E' l'ultimo rapporto Ismea "Qualivita" a incoronare l'Emilia leader incontrastata per l'export agroalimentare. Ai primi tre posti Parma, Reggio Emilia e Modena

di Virgilio Parma, 09 febbraio 2017 - L'export agroalimentare italiano tira e registra un nuovo record segnando un incremento del +9,6% sull'anno precedente, secondo il report "Qualivita" presentato nei giorni scorsi da Ismea.
L'analisi Ismea-Qualivita sulla ricaduta del valore economico delle filiere DOP IGP nelle Province italiane restituisce una fotografia dell'impatto del sistema IG a livello territoriale.

E se l'Italia conferma la leadership mondiale per numero di DOP IGP con 814 prodotti Food e Wine, raggiunge i 13,8 miliardi di euro di valore alla produzione nel 2015, l'Emilia si conferma regina incontrastata del settore Food-Wine nazionale.

Tre le province che si sono distinte per avere occupato tutti e tre i gradini del podio: Parma, Reggio Emilia e Modena.

L'analisi "Qualivita", scrive Ismea, "conferma una forte concentrazione - soprattutto nelle aree del Nord-Est e Nord-Ovest - con il 20% delle province italiane che copre oltre l'80% del valore economico complessivo, anche se si rilevano dinamiche di impatto diverse sui territori d'Italia per le varie filiere produttive. Nel comparto agroalimentare, le prime tre Province - Parma,
Modena, Reggio nell'Emilia - confermano l'importanza della Food Valley emiliana, grazie al numero di filiere DOP IGP (34) che insistono nel territorio, ma soprattutto all'entità del valore economico delle produzioni maggiori (Parmigiano Reggiano DOP, Prosciutto di Parma DOP e Aceto Balsamico di Modena IGP, in primis).

Nel comparto Wine, è il "Sistema Prosecco" a determinare il maggiore impatto sul territorio di Treviso e Verona , Province che presentano, comunque, altre numerose importanti denominazioni; seguono le Province di Siena , Cuneo , Asti e Firenze areali di produzione delle "denominazioni storiche" toscane e piemontesi".

(resta sempre informato sull'argomento consultando la nostra sezione Agroalimentare)

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Lo chef stellato Christian Milone, della Trattoria Zappatori di Pinerolo, inizia una nuova avventura all'Hafa Storie nel cuore di Torino: la tradizione piemontese incontra la cucina marocchina

Di Chiara Marando -

Sabato 11 Febbraio 2017 -

La notizia girava già da un po' nel mondo della ristorazione, ma ora è diventata realtà: il giovane e talentuoso Christian Milone, chef della Trattoria Zappatori di Pinerolo, Due Forchette nella Guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e nuova stella Michelin, ha annunciato l'inizio della sua nuova avventura torinese, città ricca di fermento culturale e crocevia di etnie differenti.

E proprio dalla doppia anima di Torino, tradizionale e multietnica, si fa ispirare per portare il suo personale tocco nell'Hafa Storie, luogo dall'atmosfera orientaleggiante nel cuore storico della “Signora”.

Hafa storie

L'idea nasce da Milli Paglieri, già titolare del locale di successo Hafa Café, all'interno del quale ha messo tutta la sua passione per il Marocco. Ecco, l'Hafa Storie rappresenta una generazione diversa, un'evoluzione che si nutre di contaminazioni culturali. Siamo a Porta Palazzo, il gigantesco mercato cittadino, cuore pulsante della comunità, proprio all'interno della Galleria Umberto I.

hafa storie 1

E per Milone questo progetto è una sfida, la volontà di portare la sua tradizione piemontese accostandola ad un menù dalle note marocchine, il tutto in un ambiente informale dove a far da sottofondo sono i rumori provenienti dalla cucina a vista. Due culture gastronomiche, due carte tra cui scegliere per spaziare con la mente ed i sapori: gli agnolotti, il brasato con polenta, i tajarin al tartufo ed il vitello tonnato. Ognuno può costruire la propria esperienza culinaria più o meno variegata ed il risultato piace, eccome se piace.

plin - hafa storie

Milone convince, convince il suo entusiasmo e convincono i suoi plin serviti in scodelle variopinte. Si, perché qui tutto richiama il marocco, in un gioco di contrasti che diverte e incuriosisce. E se si chiede allo chef quali saranno le proposte più creative e sperimentali la risposta è semplice: “Quelle rimarranno nel ristorante di Pinerolo, qui sarà la tradizione a parlare e farò in modo di variarne le proposte ma sempre rimanendole fedele”.

 

Hafa Storie

Galleria Umberto I, Torino
011 1948 6765
www.hafastorie.it

 

 

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Sabato, 11 Febbraio 2017 12:23

Food & wine: gli abbinamenti da evitare!

Se vi siete posti qualche volta la domanda quale potesse essere il migliore accostamento di vino al vostro piatto da oggi potrete prendere spunto dall'articolo della sommelier Cecilia Novembri che sicuramente vi ricorda quale abbinamento sia assolutamente da evitare!

di Cecilia Novembri

La degustazione di un vino è sicuramente, per gli amanti di questo nettare, uno dei momenti di maggiore soddisfazione dopo l'accurata scelta.
Uno tra gli argomenti più spinosi è proprio l'abbinamento cibo-vino.
Le aspettative che si hanno riguardo ad un determinato vino potrebbero essere completamente disattese se si sbaglia l'abbinamento.

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L'argomento spesso è legato alla soggettività della persona che esprimerà un suo giudizio, esistono però dei "criteri guida" e dei riferimenti tecnici che possono aiutare nella scelta.

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I carciofi sono un alimento che mette molto in difficoltà: contengono un aminoacido che può dare l'impressione di una dolcezza stucchevole o di un gusto metallico non piacevole nei vini, abbinare vini tannici con i carciofi renderebbe il piatto sgradevole, meglio un Traminer AOC Alsace che per la sua morbidezza è uno tra gli abbinamenti migliori insieme con un Vermentino di Gallura DOCG.

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Le preparazioni a base di peperoncino possono rendere i vini con un'alta gradazione alcolica troppo caldi e accentuare la secchezza nei vini tannici. Da sconsigliare i vini rossi che con i tannini asciugano la bocca mettendo ancora più in evidenza la piccantezza: abbinare uno Zinfandel potrebbe far esplodere la testa a causa dell'alcol e del calore. Meglio provare una Falanghina IGT, speziato, balsamico e ricco di mineralità, questo vino si presenta molto piacevole abbinato in contrapposizione allo stimolo piccante del peperoncino.

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Quando si affrontano cipolla o aglio crudi, così "impegnativi", tendono ad annullare il sapore della maggior parte dei vini. Per un abbinamento con questi alimenti meglio la birra.

abbinamento-cibo-vino-cipolla-aglio

Per quanto riguarda i dolci, sconsigliati i vini brut, sempre meglio abbinare la dolcezza alla dolcezza.

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Degustare un vino è pur sempre un piacere e queste sono solo delle linee guida per cercare di trovare un abbinamento il più possibile rispondente ai criteri "accademici", ma è molto difficile affermare che ogni vino debba essere sempre accostato ad un piatto, l'importante è accompagnare il vino al proprio stato d'animo e al proprio umore!

cibo-vino-abbinamenti

 

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