ISMEA

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L'indice Ismea dei costi di produzione a settembre segna una riduzione del 2,2% su base annua.
A incidere sul calo soprattutto i prodotti energetici (-7,9%), ma il ribasso riguarda fertilizzanti e fitosanitari (-3,9% e -1,2%), mangimi (-2,8%), materiali, attrezzi e piccoli apparecchi (-5,4%)

Roma, 31 ottobre 2016 - Nel terzo trimestre 2016, l'indice Ismea segnala costi di produzione più bassi rispetto a quelli sostenuti nel 2015. Prosegue infatti, anche nel mese di settembre, la dinamica deflativa dei mezzi correnti di produzione del settore agricolo che, senza soluzione di continuità, prosegue ormai dal 2014.

L'Indice dei prezzi dei mezzi correnti di produzione elaborato dall'Ismea, nel mese in esame si porta a quota 102,8, mostrando una sostanziale stabilità sul livello dei costi del 2016 (-0,3% il calo rispetto al mese di agosto), ma risultando in flessione di 2,2 punti percentuali su base annua.
Analizzando le singole voci di spesa, anche nel mese di settembre, la componente che ha determinato il calo dei costi per la produzione agricola è quella relativa ai prodotti energetici: tale voce risulta interessata da una dinamica significativamente deflativa (-7,9% rispetto al corrispondente periodo del 2015) seppure con cedimenti tendenziali più contenuti rispetto a quelli di inizio anno (attorno ai 13 punti percentuali). A monte, i ribassi che stanno interessando le quotazioni del petrolio, strettamente connesse ai prezzi degli energetici, proseguono ma si riducono di intensità: a settembre il prezzo al barile (Brent), dopo due lievi incrementi mensili, ha raggiunto quota 46,6 $, e le recenti affermazioni di un possibile accordo tra la Russia e i paesi dell'OPEC per tagliare la produzione hanno fatto ulteriormente salire le quotazioni a ottobre, pur rimanendo il livello di tali quotazioni sempre più basso di quello corrispondente del 2015.

Altre voci di costo che a settembre hanno riportato un calo su base tendenziale sono quelle relative ai prodotti fertilizzanti e fitosanitari (rispettivamente -3,9% e -1,2%). Con riferimento alle spese sostenute dagli allevatori, proseguono i ribassi nei prezzi dei mangimi (-2,8%) mentre i prezzi degli animali d'allevamento risultano stazionari (+0,2%). A livello trasversale, sono diminuiti i costi relativi a materiali vari, attrezzi e piccoli apparecchi (-5,4%).

Per comparto, sono quindi le aziende delle produzioni vegetali a trarre maggior vantaggio dal calo dei costi di produzione: i prezzi dei mezzi correnti usati nelle coltivazioni agrarie, leggermente in crescita rispetto ad agosto (0,4%), risultano comunque in flessione nel confronto tendenziale (-2,4% rispetto a settembre 2015).

Tutte le produzioni vegetali beneficiano di costi più bassi e se ne avvantaggiano particolarmente le imprese specializzate in cereali e in semi oleosi: per queste la variazione su base annua è rispettivamente del -3,2% e del -2,9%.
In ambito zootecnico d'altronde i costi risultano in calo rispetto ad agosto (-0,9%) e riportano una flessione tendenziale di 2 punti percentuali. Se la contrazione ha riguardato tutte le principali produzioni, i dati di dettaglio evidenziano un ribasso particolarmente rilevante nel segmento produttivo delle uova (-10,7% su base annua), imputabile al forte ribasso della voce di costo relativa all'acquisto degli animali del segmento avicolo (-18,7%).

Conclusosi il terzo trimestre dell'anno, la variazione acquisita dei prezzi dei mezzi correnti di produzione per l'intero 2016 scende ulteriormente in territorio negativo: il confronto con il dato medio 2015 si porta al - 2,1% per l'indice generale e al -2,8% per le coltivazioni. Risulta in calo anche la variazione acquisita calcolata per l'indice per i prodotti zootecnici (-1,5%).

(Fonte Ismea 31 ottobre 2016)

Ismea: prodotti lattiero - caseari made in Italy in espansione sul mercato estero, ancora in difficoltà sulla domanda interna.

Roma - Sul mercato internazionale UE ed extra UE i prezzi dei prodotti lattiero caseari, nel corso dell'estate e in misura più accentuata nel mese di settembre, hanno finalmente invertito la tendenza, mostrando significativi rialzi, come conseguenza di un rallentamento della produzione di latte e di una ritrovata vivacità della domanda mondiale.

La spinta verso l'alto è stata particolarmente evidente per i prezzi del burro, a fronte di una robusta richiesta proveniente dal mercato internazionale, soprattutto dalla Cina (+35% nel periodo gennaio-agosto 2016) divenuto il primo importatore mondiale davanti alla Russia. Prezzi in forte rialzo anche per i formaggi e il latte intero in polvere, mentre la spinta inflazionistica è stata più contenuta per le polveri magre anche in considerazione degli ingenti volumi stoccati nei magazzini UE.

Se i prezzi dei prodotti industriali si sono adeguati alla situazione di mercato già a partire dal mese di maggio, per il prezzo percepito dagli allevatori europei si è dovuto attendere la fine dell'estate prima di notare un lieve balzo in avanti in Germania e in Francia, dove la variazione congiunturale rilevata ad agosto è stata rispettivamente del +3% e del +2%; in Italia gli allevatori sono rimasti in attesa e qualche segnale di rialzo si è prospettato per il latte consegnato nel mese di settembre.

Stringendo il campo di osservazione all'Italia, e considerando i primi nove mesi del 2016, il mercato lattiero caseario nazionale ha evidenziato mediamente una flessione pari al 5,2% (rispetto al periodo gennaio-settembre 2015), come evidenziato dall'andamento dell'indice Ismea dei prezzi all'origine (base 2010): la dinamica è stata pesantemente influenzata dai prezzi alla stalla (indice -8,8% nei primi nove mesi), nonostante la ripresa registrata dai formaggi duri (indice +2,3% nei primi nove mesi) e, nel terzo trimestre, anche dal burro (+19% rispetto a luglio-settembre del 2015). Fatta eccezione per il Parmigiano Reggiano, ritornato su livelli di prezzo che non si vedevano ormai da due anni, la situazione per gli altri formaggi tradizionali resta ancora depressa, in alcuni casi con variazioni negative a due cifre nel confronto con le quotazioni della scorsa estate, principalmente a causa di una domanda domestica che non riesce a ripartire.

Sul fronte della domanda estera invece continua l'espansione registrata dai prodotti lattiero caseari made in Italy. Nei primi sette mesi del 2016 sono stati complessivamente recuperati oltre 270 milioni di euro in termini di deficit della bilancia commerciale del settore lattiero caseario e, in particolare, le esportazioni di formaggi sono cresciute del 6,2% in volume e del 6,1% in valore, soprattutto grazie all'incremento delle vendite di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che nei primi sette mesi del 2016 hanno fatto registrare una variazione positiva sia in termini di volume (+2,6%) che di quotazioni medie all'export (+1,7% rispetto a un anno fa).

Molto positive anche le performance registrate dai formaggi freschi e latticini (+7,0% in volume e +10,7% in valore), grattugiati (+16,2% in volume e +11,7% in valore) ed erborinati (+8,0% in volume e +6,3% in valore).


(Fonte Ismea 28 ottobre 2016)

Appare ancora lontana la possibilità di riconquistare la leadership in quota di volume di vino esportato. Ancora una certa sofferenza per i vini in bottiglia.

Roma - L'export in valore continua la sua "cavalcata" vincente, anche se il ritmo è un po' rallentato. Nei primi sette mesi del 2016, attestandosi ad oltre 3 miliardi di euro, gli incassi segnano, infatti, un ulteriore +1% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e, con un po' di ottimismo, si può ben supporre che a fine anno potrebbero arrivare sulla soglia dei 5,5 miliardi di euro, mettendo così il sigillo all'ennesimo record.

Ma se dal lato "valore" si è fatta ormai l'abitudine ad avere delle progressioni, sul fronte volumi la situazione appare più incerta. Gli 11,5 milioni di ettolitri esportati, infatti sono in linea con quelli dei primi sette mesi del 2015 e si può comunque considerare un buon segno nella misura in cui si assiste, quantomeno, ad una frenata della riduzione dei volumi che ha caratterizzato tutto il 2015.

Appare, quindi, lontana la possibilità dell'Italia di riconquistare la leadership mondiale degli esportatori in volumi, nonostante la Spagna stia mostrando una battuta d'arresto rispetto allo scorso anno.

La nota positiva arriva dal fatto che la flessione dell'export italiano di vini comuni sfusi, si sta arrestando. Mentre c'è una certa sofferenza dei vini in bottiglia soprattutto Igp.

Vino-export-ott2016

(Fonte Ismea 21 ottobre 2016