Venerdì, 20 Settembre 2019 15:29

Vademecum su come conservare il Parmigiano Reggiano

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La formaggiera è morta? Vizi e virtù di un oggetto carico di mistero. Il Consorzio Parmigiano Reggiano propone un vademecum per la conservazione del Parmigiano Reggiano e consiglia ai consumatori di prestare attenzione al ristorante: se chiedi Parmigiano Reggiano è un tuo diritto avere l’autentico Re dei Formaggi!

 

A Cheese, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha riflettuto sul ruolo che il mondo ho.re.ca. può avere nella promozione e nella comunicazione del valore del Re dei Formaggi e, più in generale, dei prodotti DOP.  

I dati - che erano stati anticipati a Terra Madre Salone del Gusto l’anno scorso - sono stati rielaborati ed approfonditi, fino a creare un vero e proprio “vademecum della formaggiera” che può essere utile a ristoratori e addetti ai lavori, ma anche ai consumatori che non sanno quale sia il modo migliore per gustare e conservare il prodotto grattugiato

In Italia, il canale ho.re.ca. incide per il 6-7% del mercato del Parmigiano Reggiano, pari complessivamente a 90.000 tonnellate. Secondo i dati forniti dagli organismi di vigilanza del Consorzio, riferiti a 620 visite - effettuate dagli ispettori del consorzio stesso - il 26% delle strutture ristorative dichiara l’utilizzo di Parmigiano Reggiano nel proprio esercizio. Al contempo, secondo una recente indagine Ipsos  (campione di 1.000 interviste), il 60% dei clienti di ristoranti chiede di poter avere al proprio tavolo Parmigiano Reggiano.

«Proprio dal confronto tra i dati emerge quello che noi abbiamo definito il ‘dilemma della formaggiera’ - afferma il Presidente Nicola Bertinelli -. A fronte di una richiesta di Parmigiano Reggiano nel caso del 60% dei clienti, solo il 26% dei ristoranti dichiara di averlo in carta. Questo significa che almeno 2 formaggiere su 3 non contengono Parmigiano Reggiano: bisognerebbe poi verificare se il formaggio dichiarato come Parmigiano Reggiano dai ristoratori sia effettivamente il Re dei Formaggi».

Eugenio Signoroni, curatore della Guida “Osterie d’Italia” edita da Slow Food, ha una posizione ben definita sul tema: «La formaggiera è un modo certamente comodo per portare il formaggio grattugiato a tavola, ma è il modo peggiore se lo si vuole valorizzare e se si vuole fare un servizio al cliente. Un ristorante attento e realmente interessato a proporre al suo cliente il meglio, dovrebbe portare al suo ospite un pezzo di formaggio a tavola con una grattugia e poi, o dovrebbe occuparsi di grattare direttamente il formaggio sul piatto, o dovrebbe trovare un modo per lasciarlo fare a lui. Solo così si ha la certezza di ciò che viene servito e si è sicuri della freschezza del prodotto. Infine, solo così si riesce a limitare lo spreco. Questa giusta battaglia mi ricorda molto quella contro la presenza di oliere rabboccabili in tavola che, pur vietate dalla legge, sono troppo spesso presenti nei ristoranti italiani». 

Dietro il “dilemma della formaggiera” si nasconde quindi il tema della trasparenza e della corrispondenza tra quanto i ristoratori dichiarano nel menu e quanto viene effettivamente usato in cucina come ingrediente o portato in tavola per arricchire di gusto i piatti. 

Per il Consorzio, la soluzione passa attraverso tre azioni. La prima è rappresentata da un maggior numero di controlli sulle attività ristorative: i Consorzi devono essere affiancati e sostenuti in questo dalle Istituzioni, perché da soli non hanno le risorse, per via delle dimensioni del settore, per svolgere in modo esclusivo questa attività di vigilanza. La seconda strada è rappresentata da un’attività di sensibilizzazione e formazione focalizzata sulle imprese ristorative. Il terzo cardine suggerito dal Consorzio del Parmigiano Reggiano è rappresentato dal consumatore: «È il nostro primo e più forte alleato: dobbiamo coinvolgerlo nell’azione di controllo, sensibilizzandolo a esigere che il formaggio che gli viene servito a tavola sia effettivamente il Parmigiano Reggiano che ha richiesto» conclude il Presidente Nicola Bertinelli.

 

IL VADEMECUM DELLA FORMAGGIERA

 

  1. Parmigiano NON è un nome generico. L’unico “parmigiano” è il Parmigiano Reggiano. 

Vi porto il parmigiano?” Molte volte dietro a questa semplice richiesta si cela un malinteso. Sovente nella dialettica comune il termine “parmigiano” è associato, a torto, a qualsiasi formaggio atto a essere grattugiato e utilizzato come ingrediente, soprattutto sulla pasta. Per tale ragione il cliente di un ristorante può chiedere al gestore se si tratta realmente di Parmigiano Reggiano e ha la facoltà (a norma di legge) di farsi mostrare la confezione del prodotto. Questo nel rispetto delle regole, ma soprattutto del cliente. Ciò vale anche per il termine “parmesan” che si trova nella traduzione dei menu. Dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2008, nel territorio dell’Unione Europea, l’unico formaggio che può essere denominato parmesan è infatti l’autentico Parmigiano Reggiano. 

 

  1. Parmigiano Reggiano grattugiato: dai 24 mesi esprime la completezza sensoriale che lo rende unico.

Per ottenere il meglio dal punto di vista sensoriale è importante che il Parmigiano Reggiano scelto per essere grattugiato sia almeno di 24 mesi. È dopo due anni di stagionatura che inizia ad esprimere a pieno le sue caratteristiche di complessità aromatica ma soprattutto di solubilità. È infatti questa peculiarità che lo rende un ingrediente unico. I processi di maturazione legati alla lunga stagionatura rendono tra l’altro il Parmigiano Reggiano più digeribile oltre che più solubile. 

 

  1. I tre nemici del grattugiato: aria, luce, calore

Sono tre i fattori che deteriorano i parametri sensoriali del Parmigiano Reggiano grattugiato: l’aria, la luce e la temperatura eccessiva. Per tale ragione è fondamentale che la cura del Parmigiano Reggiano contenuto nella formaggiera sia massima. Un grattugiato, anche di buona qualità, che sosta troppo tempo all’interno della formaggiera tenderà a perdere aroma, asciugarsi, ossidarsi, irrancidirsi e a fornire quindi un’esperienza gustativa non ottimale, se non addirittura negativa.

 

  1. Le buone norme per un grattugiato sempre al top

Grazie alla sua struttura e al basso contenuto di acqua, il Parmigiano Reggiano è uno fra i migliori formaggi destinati alla lunga conservazione. La sua capacità di durare nel tempo è una caratteristica peculiare che ha contribuito alla sua fama nei secoli. Il Parmigiano Reggiano (grattugiato o a pezzi), deve essere conservato in frigorifero a una temperatura che va circa dai 4 agli 8 gradi. Il Parmigiano Reggiano mantiene intatte le sue caratteristiche organolettiche se conservato ad un livello di umidità ottimale (in un refrigeratore ventilato il formaggio tende a seccare) e lontano da altri cibi (la parte grassa del formaggio tende ad assorbire gli altri odori presenti nel frigorifero). È consigliato quindi l’utilizzo di contenitori in vetro o in plastica. Un’altra soluzione pratica consiste nell’avvolgere il Parmigiano Reggiano in pellicole ad uso alimentare. In questo modo il Parmigiano Reggiano può essere conservato a lungo ricordando di controllare periodicamente che non si alterino le condizioni di mantenimento. Si consiglia di non congelare mai il formaggio.

 

  1. C’è solo una cosa migliore del Parmigiano Reggiano grattugiato: il Parmigiano Reggiano da grattugiare fresco 

Se sono rispettati gli accorgimenti al punto precedente, il Parmigiano Reggiano grattugiato permetterà di arricchire di gusto e sapori ogni pietanza. Ma è indubbio che una grattugiata fresca al momento ci permette di coglierne a pieno tutta la gamma aromatica, specie per quanto concerne i sentori più volatili. La grattugiata “al momento" permette anche e soprattutto di minimizzare, se non azzerare, gli sprechi poiché non si grattugia più di quanto strettamente necessario. In termini economici e temporali l’adozione della grattugiata diretta potrebbe quindi rivelarsi una scelta vincente, che denota una qualità del servizio di altissimo livello e che conferisce la giusta dignità al Parmigiano Reggiano.  A pensarci bene, accetteremmo che ci fosse portato in tavola un vino d’annata già aperto e versato nei bicchieri, oppure che un tartufo ci fosse servito già affettato?