Sabato, 31 Agosto 2019 06:59

"La tomba di famiglia" - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario - In evidenza

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Prosegue la raccolta dei racconti che vedono protagonista Rodolfo Lapidario, il titlare di una agenzia di pompe funebri in grado di parlare con i defunti. - decimo racconto - 

Di Manuela Fiorini - Parma 2 settembre 2019 - 
“Vorremmo che il nostro caro papà venisse ovviamente sepolto nella tomba di famiglia, accanto alla nostra adorata mamma…”, dissero quasi in coro i due figli del defunto delle cui esequie Rodolfo Lapidario avrebbe dovuto occuparsi.
Discussero gli ultimi dettagli. Sarebbe stata una cerimonia austera, ma la famiglia era benestante e non avrebbe badato a spese, tra banda, fiori, marmo, cantante lirico a eseguire i canti sacri alla messa di commiato…Poi Arturo Bonfanti Torrini avrebbe riposato accanto alla moglie che lo aveva preceduto di un decennio.

I due figli gli staccarono un assegno per l’anticipo e salutarono. Rodolfo Lapidario ebbe l’impressione che i due fratelli non fossero poi così disperati per la dipartita del genitore come volevano fare credere. Sospirò…probabilmente, come spesso accade, gli ultimi anni di una persona sono così difficili da condizionare tutta la famiglia e il passaggio a miglior vita si rivelava una liberazione dal peso terreno per tutti, soprattutto perché, e Lapidario lo sapeva meglio di altri, ad attendere i defunti c’era un mondo di luce e di gioia. Tanto è vero che non li vedeva quasi mai con l’aspetto che essi avevano al momento della morte, ma con quello che preferivano. Così, chi se ne era andato in età avanzata, gli si presentava con l’aspetto che aveva nel fiore degli anni, spesso con delle richieste da accontentare.
Così fu anche per il defunto genitore dei due facoltosi fratelli, che si presentò alle due di notte, facendolo sobbalzare dal letto, preceduto solo dalla consueta folata gelida.


È inaudito, inaudito!”, tuonò lo spirito fuori di sé, aggirandosi nervosamente nella stanza. Aveva l’aspetto di un gentiluomo d’altri tempi, ben vestito, con uno sguardo bruciante per l’ira.
“Che si seppelliscano loro con il contorno di quella pagliacciata!”, continuò a inveire agitandosi e facendo volare oggetti e documenti per la stanza con la potenza psichica di quella sfuriata.
“Cerchi di calmarsi…”, osò Lapidario.
“Lo so che mi vedi…è per questo che sono qui, per impedire quella farsa di funerale!”
“Ma…i suoi figli mi hanno detto che così è scritto nel suo testamento…”
“Può anche darsi che sia così, ma di sicuro quello che c’è scritto nel “mio” testamento non l’ho scritto io. Essendo paralizzato, i miei figli avranno sostenuto con il notaio che le mie ultime volontà sono state loro dettate, ma non è così”, continuò lo spirito sempre più arrabbiato.
“Perché nell’ultimo periodo della mia vita posso anche essere stato un po’ “fuori di testa”, ma non avrei mai lasciato detto di venire sepolto nella tomba di famiglia, accompagnato da un teatrino di saltimbanchi, di falsi, di tristi teatranti che piangono lacrime finte e, soprattutto, mai e poi mai potrei sopportare di giacere per sempre accanto a quella…megera di mia moglie!”.

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Lapidario cercò di calmare lo spirito irrequieto. La sua esperienza sulle “case infestate” gli suggeriva di trovare una soluzione, perché quell’anima aveva tutte le caratteristiche per rimanere sulla Terra a tormentare i viventi.
“Allora, Arturo”, gli disse dopo averlo fatto sfogare per bene, “che cosa desidererebbe per il suo commiato?”.
“Una cosa sola: essere sepolto accanto al mio vero amore. Una donna che ho amato per tutta la vita, fin da quando ero ragazzino, e che non ho potuto sposare perché per la mia famiglia “non era alla mia altezza”. Per me combinò un matrimonio con una viziata, noiosa, odiosa, ricca “mia pari”, che mi ha rovinato la vita con il suo carattere da despota…”. Lo spirito fece una pausa ed emise una fumata dalle narici per esprimere la rabbia repressa.
“Ma io non le ho consentito di rendermi infelice, ah, no! Per tutta la vita le ho messo le corna a quella e ho continuato a vedere il mio primo amore. Per fortuna quella megera se ne è andata prima di me e io ho potuto passare qualche anno sereno con il mio vero amore…E ora non posso tollerare di riposare per l’eternità accanto a quella…”.
“Suvvia Arturo, se ci pensa, si tratta solo del suo “vecchio abito terreno”. Sono sicuro che, là dove andrà, si ricongiungerà con la sua amata…”.


Le lampadine cominciarono a scoppiare una dopo l’altra.
“Giammai! Sarebbe un affronto, una beffa terribile…”.
“La sua famiglia però non capirebbe e, probabilmente, non accetterebbe mai di…farla riposare accanto a una persona che non sia sua moglie…”.
“Quei due? Degni figli di loro madre, estorti dai miei lombi sotto la minaccia di rovinarmi, perché quella strega ha sempre saputo che io ero infelice con lei e che mi vedevo con un’altra, ma a divorziare non ci pensava nemmeno, perché sarebbe stato uno scandalo per la famiglia, la sua…”.
Lo spirito fece una pausa, poi fissò Lapidario con occhi ardenti come bracieri.
“Se sarò sepolto nella tomba di famiglia, accanto a quella donna che mi ha reso la vita un inferno, giuro solennemente che rimarrò sulla Terra a infestare la casa di famiglia e a tormentare quegli inetti dei miei figli e tutta la loro progenie…”.
“Va bene…”, sospirò Rodolfo Lapidario, “Vedrò che cosa posso fare…Tanto per cominciare…ha qualche suggerimento?”.
L’anima parve calmarsi. “Oh, sì, certo che ce l’ho”. Anni fa, dopo essere rimasto finalmente vedovo ho depositato presso un notaio un testamento scritto di mio pugno. E una registrazione dove affermo con questa mia stessa voce che desidero essere sepolto accanto alla mia dolce Amalia, in una tomba semplice. E all’inferno quel mausoleo…”.

****
Era mezzogiorno di un giovedì quando Rodolfo Lapidario si recò nello studio del notaio Gaetani. Aveva preso appuntamento sostenendo falsamente, su suggerimento dell’anima infuriata, di essere l’esecutore testamentario di Arturo Bonfanti Torrini. Solo quando fu di fronte al Gaetani gli confessò di essere “solo un amico”, ma di essere a conoscenza del testamento autografo e della registrazione, più altri particolari della vita del defunto che lo spirito irrequieto e impaziente gli suggeriva di volta in volta.
“Gaetani mi conosce fin dai tempi della giovinezza, digli di quella volta che nascondemmo una sardina nell’organo della chiesa…e poi digli anche…”
“Sssttt”, lo zittì Lapidario, con la testa rintronata dalla petulanza dello spirito, quasi dimentico della presenza del notaio. Questi lo guardò con espressione meravigliata…ma qualcosa parve capire, perché sul suo viso comparve la bozza di un sorriso.
“Accetterebbe allora, di incontrare i figli del defunto Bonfanti Torrini e il suo “vero” esecutore testamentario?”. Il notaio annuì.

****
I funerali nel frattempo erano stati sospesi. Nell’ufficio nel notaio Gaetani c’era un silenzio…di tomba. Lapidario, che ufficialmente non era parte in causa, stava attendendo nella sala di aspetto fingendo di leggere una rivista. I figli di Arturo Bonfanti Torrini arrivarono insieme al loro avvocato e al notaio di famiglia. Avevano il volto pallido e tirato, uno dei due continuava a tormentarsi le dita, l’altro era sopraffatto da un tic nervoso e continuava a fare l’occhiolino. Il notaio Gaetani li fece accomodare nel suo studio e chiuse la porta.
“Che cosa si staranno dicendo lì dentro?”. Lo spirito del Bonfanti Torrini era come sempre al fianco di Lapidario.
“Sei tu lo spirito etereo…”, si limitò a rispondergli Lapidario. “Puoi entrare senza problemi e ascoltare che cosa dicono…”.
“Ah, giusto!...Sono ancora…troppo poco morto per abituarmi al mio nuovo stato”.
Poi, con mossa fulminea, attraversò il muro.
Comparve accanto a Lapidario dopo circa un’ora.
“Allora, come è andata?”, gli domandò l’impresario di pompe funebri.
“Alla fine, pare che io abbia ottenuto quello che desidero: che le mie spoglie terrene riposino per sempre accanto alla mia Amalia. Gaetani ha letto il mio testamento e ha fatto ascoltare ai miei figli e ai loro “scagnozzi” la registrazione”.
“E loro, come l’hanno presa?”.
“Come mi aspettavo…con un sospiro di sollievo. Sai perché erano così sconvolti? Perché temevano che con quel testamento sbucato all’improvviso io destinassi parte della mia cospicua eredità a qualcun altro, per fare loro dispetto. Sanno di non essersi comportati bene nei miei confronti, soprattutto negli ultimi anni della mia vita e avevano paura che io avessi trovato il modo di vendicarmi, oppure che spuntasse un loro fratello o sorella “segreti”…Ma io e Amalia non abbiamo avuto figli, non sarebbe stato giusto per lei, che agli occhi della società sarebbe stata una ragazza madre, né nei confronti di quei due là, dentro. A modo mio, ho voluto loro bene, perché, sebbene figli di loro madre, sono per metà anche miei…e in certe sfumature mi somigliano”.


Un’ombra di dolcezza attraversò gli occhi dello spirito, ormai soddisfatto.
“Mi dispiace per te Lapidario, che dal mio modesto funerale guadagnerai molto meno…”.
“Non importa…”, gli sorrise Rodolfo.
“Pensa che quando hanno saputo che le spese per le mie esequie sarebbero state inferiori, senza banda, cantanti e giullari vari, sono stati persino contenti. Meno soldi per te, ma di più per loro…come se non ne avranno già abbastanza…”. Lo spirito emise una risata cristallina.


E così fu, come da volontà di Arturo Bonfanti Torrini. Le sue spoglie mortali vennero sepolti in un piccolo cimitero di montagna, a terra, accanto alla sua adorata Amalia, l’unica donna che aveva amato in tutta la sua vita. Spazio che aveva provveduto ad acquistare per avere la sicurezza di farne la sua ultima dimora. Rodolfo Lapidario si attardò davanti alla lapide con i due nomi, mentre, nell’aria, un mulinello di vento gli fece arrivare l’eco della risata cristallina di un uomo e di una donna, finalmente riuniti.

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Racconto proposto da
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Allestite con cura, semplicità, sobrietà e realizzate nel rispetto delle normative sanitarie e di legge, consentono ai parenti e amici di rendere l'estremo saluto al defunto in piena libertà e riservatezza.

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